Farmabusiness, Scozzafava resta in carcere. La Cassazione: “In affari con i Grande Aracri”

Bocciato il ricorso di uno dei principali indagati nell'inchiesta della Dda di Catanzaro che ha fatto luce sul mercato della distribuzione dei farmaci

di Gabriella Passariello- A nulla è valso il ricorso in Cassazione per “sottrarre” dal carcere Domenico Scozzafava, indagato per associazione a delinquere di tipo mafioso, tentata estorsione, ricettazione, detenzione e porto illecito di arma, nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Catanzaro, “Farmabusiness” che ha fatto luce sul mercato della distribuzione dei farmaci, spingendosi anche oltre, fino a penetrare negli angoli più oscuri dove gli interessi della ‘ndrangheta si intrecciano con quelli della imprenditoria e della politica. La sesta sezione della Suprema corte ha confermato il verdetto del Tribunale del riesame che “ha fornito- secondo gli Ermellini- una adeguata e convincente motivazione richiamando non solo l’accertata partecipazione di Domenico Scozzafava ad un summit di ‘ndrangheta e la disponibilità dell’indagato ad operare come uomo di fiducia del capo clan nella realizzazione di importanti interessi economici del gruppo criminale, ma ha sottolineato come la pericolosità dell’indagato e l’esistenza di un concreto e attuale rischio di recidiva possa essere obiettivamente desunto dal coinvolgimento di Scozzafava nella commissione di reati gravissimi, quali la tentata estorsione aggravata e detenzione illecita di armi da fuoco, maturati in un contesto mafioso”. Per la Cassazione i giudici del collegio hanno dato puntuale e logica contezza degli elementi indiziari su cui si fonda il provvedimento cautelare.

L’investimento del sodalizio criminale

L’investimento del sodalizio criminale

Elementi da cui è stato possibile evincere per un verso come l’indagato fosse stato intercettato nel 2015 mentre discuteva con Pancrazio Opipari dei reati che gli stessi avrebbero commesso per conto di Gennaro Mellea, capo della ‘ndrangheta dei Gaglianesi, radicata a Catanzaro e operante dapprima di intesa con il clan Arena  e poi con il clan Grande Aracri . E per un altro verso come nel 2014 Scozzafava avesse partecipato ad una riunione proprio in casa di Nicolino Grande Aracri (all’epoca detenuto in carcere), nel corso della quale il nipote del capo clan Salvatore Grande Aracri, alla presenza di altri affiliati a quel gruppo ‘ndranghetistico, aveva discusso in maniera analitica dell’investimento che il sodalizio criminale aveva inteso realizzare nella costituzione di una società ” il consorzio Farmaitalia”, che avrebbe dovuto occuparsi del commercio all’ingrosso di prodotti farmaceutici alle cui iniziative economiche avrebbe dovuto sovrintendere anche Scozzafava. Un’ operazione che era stata pianificata durante un summit tra mafiosi, al quale l’indagato aveva partecipato proprio per il suo collegamento con la figura di Mellea, non a caso menzionato come persona che gli aveva confermato che nel Catanzarese  fosse già “circolata la voce” che dietro quell’affare commerciale vi fosse proprio il clan Grande Aracri. Ma andiamo ad analizzare le motivazioni del Tdl avallate dalla Corte di Cassazione.

L’antennista e i legami con i Gaglianesi

Per chiarire l’esatta collocazione dell’indagato nella compagine ‘ndranghetista, i giudici del collegio fanno chiarezza sugli assetti criminali riscontrati nel territorio catanzarese, facendo riferimento all’operazione Kyterion, che ha portato alla condanna di vari esponenti del clan dei Gaglianesi, con al vertice Gennaro Mellea, un gruppo, originariamente, costola della cosca degli Arena di Isola Capo Rizzuto e successivamente frangia autonoma, ma riconducibile al clan Grande Aracri di Cutro nel territorio di Catanzaro. Le risultanze dell’inchiesta Farmabusiness evidenziano, secondo i giudici, un legame tra Scozzafava e i Gaglianesi, che consente di stabilire un collegamento dell’indagato con la cosca Grande Aracri di Cutro: in alcune intercettazioni, Scozzafava “dimostra di essere pienamente inserito in dinamiche relative alla criminalità organizzata nonché a conoscenza di episodi ed equilibri mafiosi che può avere appreso solo da una prospettiva ravvicinata”. Il Riesame fa riferimento alle conversazioni con Pancrazio Opipari registrate durante una trasferta a Roma, i due discutono  di atti intimidatori compiuti con bottiglie incendiarie. Opipari rivolgendosi a Scozzafava afferma: “No… lo devi dire… io non ti ho portato a male vie Domè.. Io non ti ho mai detto … Domè… come te l’ha detto la persona che frequentavi (si riferisce a Gennaro Mellea alias Piero ndr)… Domè fai danni … e tu per lui qualche danno lo hai fatto, ed io lo so… Non hai fatto niente per Piero tu? E Scozzafava risponde: “Una volta sola per la bottiglia” (intimidazione attraverso il posizionamento di una bottiglia incendiaria dinanzi l’ingresso di attività commerciali ndr). Il dato per il Riesame assume una forte valenza indiziaria “atteso che le modalità dell’intimidazione risultano coerenti ai contenuti della sentenza Kyterion nella parte che riguarda i vari tentativi di estorsione del clan dei Gaglianesi, consistiti sempre nel posizionamento di bottiglie incendiarie finalizzate a rendere tangibile la capacità criminale del gruppo intento ad affermarsi sul territorio”. L’inserimento di Scozzafava in questo contesto emerge, per i giudici del collegio anche da un’altra conversazione nella quale l’indagato commenta con Opipari le dinamiche criminali avvenute su Catanzaro soffermandosi sul “passaggio” di poteri dalla famiglia Arena di Isola a quella dei Grande Aracri di Cutro, delineando uno spaccato storico degli equilibri di potere mafioso sul territorio. Scozzafava commenta: “Quattro, cinque anni fa è caduto Arena… Quando gli passa la mano dagli Arena…” e nel corso della conversazione Opipari esterna al suo interlocutore il disappunto in merito alla scelta di Nicolino Grande Aracri di conferire autorità sul territorio a Gennaro Mellea, alias Pierino. Lo stesso Opipari afferma di aver manifestato il proprio disappunto anche agli esponenti della cosca Grande Aracri nelle sedi competenti nel corso di una riunione a Cutro alla presenza di Salvatore Grande Aracri, Giovanni Abramo ed Ernesto Grande Aracri. Alla fine della conversazione Opipari ricorda a Scozzafava un episodio riguardante una riunione alla quale entrambi avevano partecipato con alcuni esponenti della famiglia Grande Aracri verso i quali aveva risentimento, ma anche diffidenza per “avere sparato” a Pierino (Gennaro Mellea ndr) .

“E’ un personaggio navigato nel contesto mafioso”

Le ulteriori risultanze delle indagini dimostrerebbero i legami diretti di Scozzafava con Gennaro Mellea, boss dei Gaglianesi e non sono condivisibili, ad avviso del Riesame, i rilievi difensivi volti ad inquadrare i rapporti tra Scozzafava e Mellea in una cornice avulsa dall’ambiente criminale mafioso. E non solo perché Scozzafava sarebbe stato consapevole della caratura criminale di Mellea come emerge dalle captazioni con Pancrazio Opipari, ma anche perché Scozzafava in quelle captazioni si autoaccusa di avere in un’occasione posizionato una bottiglia per conto di Mellea e poco importa che l’indagato precisi di non aver compiuto alcun danno con questo gesto, trattandosi di un atto chiaramente intimidatorio praticato dai Gaglianesi. Ed è inverosimile l’ipotesi che l’indagato abbia risposto alle millanterie di Opipari, millantando a sua volta.  Per i giudici, allo stato degli atti i contenuti di quei dialoghi devono ritenersi genuini, dal momento che, in materia di associazione di tipo mafioso, “è un comportamento concludente, idoneo a costituire indizio di intraneità al sodalizio criminale, l’essere posto a conoscenza dell’organigramma  e della struttura organizzativa delle cosche della zona, dell’identità dei loro capi e gregari, dei luoghi di riunione, degli argomenti trattati”. Inoltre sia Opipari che Scozzafava sono coindagati in Farmabusiness, anche per fatti diversi dall’affare del Consorzio farmaceutico, per tentata estorsione con il posizionamento di una bottiglia incendiaria a Palazzo dell’Educandato, per detenzione, porto di arma da sparo e ricettazione in concorso. “Per queste ragioni è possibile affermare che Scozzafava è un personaggio navigato nel contesto delinquenziale mafioso” e i rapporti con Mellea e le conversazioni con Opipari sugli equilibri criminali rinforzano l’inserimento dell’indagato “nell’ampia compagine mafiosa attraverso un’articolazione autonoma della cosca di Cutro operante in Provincia di Catanzaro”.

Il summit nella tavernetta dei Grande Aracri

Una ricostruzione questa che fornisce al collegio la chiave di lettura per comprendere soprattutto le ragioni dell’avvicinamento di Scozzafava ai Grande Aracri nell’ambito dell’affare del Consorzio Famaeko. L’antennista in un primo momento ha potuto avvicinare Salvatore Grande Aracri fino a prendere parte al summit nella tavernetta del boss di Cutro, perché  “Scozzafava evidentemente era conosciuto dai Grande Aracri per il suo inserimento criminale locale. Non appare plausibile che fosse presente a quella riunione per le sue prestazioni di tecnico antennista”.  Quanto al ruolo attivo dell’indagato nell’ambito del progetto del consorzio farmaceutico e della società Farmaeko, va chiarito che l’assenza di un riscontro di trasferimenti di denaro dalla cosca verso Scozzafava, gli investimenti personali, le perdite subite dall’indagato, la sua estromissione dal Consorzio e dalla Farmaeko non smentiscono la valenza del contributo prestato nelle fasi iniziali di realizzazione dei progetti imprenditoriali nell’interesse dei Grande Aracri.  I successivi esiti fallimentari di entrambe le esperienze imprenditoriali costituiscono eventi successivi spiegabili con il fisiologico rischio connaturato in ogni attività di impresa, ma ciò non toglie che le condotte di Scozzafava “nelle fasi programmatiche ed organizzative, abbiano avuto una certa rilevanza nell’ottica del perseguimento degli interessi economici della consorteria cutrese”. Per i giudici sussistono le esigenze cautelari e non può avere rilevanza il mero tempo decorso dai fatti contestati, “considerato il livello di inserimento di Scozzafava nell’associazione che gli ha permesso in passato di partecipare ad un summit di ‘ndrangheta e di operare come uomo di fiducia in vista della realizzazione degli interessi economici della consorteria”.

Il progetto Farmaeko e il commercialista Grande Aracri

Il progetto Farmaeko è nato da un’idea di un’ex senatrice che la condivideva con colui che gli inquirenti definiscono il mediatore della cosca Grande Aracri, Domenico Scozzafava, con il quale era nato un rapporto di amicizia, durante un soggiorno in Calabria nell’estate 2013. L’ex senatrice ha preso poi le distanze dal progetto. Gli incroci dei dati intercettivi hanno dimostrato che Scozzafava mentre era impegnato ad aprire un canale sul fronte politico per favorire l’iter burocratico, manteneva contatti con figure gravitanti nel contesto criminale catanzarese, che dopo vanno ad intensificarsi e si registra l’entrata in scena di un personaggio chiamato il commercialista poi identificato con Salvatore Grande Aracri, nipote del boss di Cutro Nicolino Grande Aracri. Gli elementi che confermano il rapporto tra Scozzafava e Salvatore Grande Aracri si ricavano dalle risultanze captative del 5 dicembre 2013: il primo si reca alla stazione di Lamezia Terme a prendere Salvatore Grande Aracri per poi andare a Cutro e quindi a un pranzo in località Le Castella insieme  ad altre persone rimaste allo stato non identificate. “Vi è ragione di ritenere che in quell’occasione Scozzafava abbia discusso con Salvatore Grande Aracri, in merito alla realizzazione del consorzio farmaceutico e la conferma è data da un’intercettazione: Scozzafava telefona al commercialista Paolo De Sole e durante gli squilli, riferisce a coloro che si trovavano in sua compagnia che l’assessore Tallini “aveva le carte già pronte”. Alla risposta di Paolo De Sole, Scozzafava comunica “di avere già tutto pronto per quel discorso”. Nella seconda parte della conversazione Scozzafava passa il telefono a Salvatore Grande Aracri che esordisce chiamando De Sole con l’appellativo amico mio e De Sole risponde in tono confidenziale “il mio Grande… come sta?”. Per i giudici del Riesame, il contributo attivo di Scozzafava teso al perseguimento degli interessi economici del sodalizio non si è limitato alla sola attività preparatoria del consorzio Farmaitalia, ma anche del successivo affare legato alla costituzione della società Farmaeko.

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