Fdi-Mns, appello a Salvini: “Sì all’autonomia, ma più attenzione al Mezzogiorno”

Ernesto Rapani

«Se cresce il Mezzogiorno ed in particolare la Calabria, cresce l’Italia. Non siamo contro l’autonomia, ovvero il federalismo differenziato, ma ci opponiamo a quelli che appaiono dei veri e propri scippi al Mezzogiorno». È quanto affermano, in una dichiarazione congiunta, condivisa dal coordinatore regionale del Movimento nazionale per la Sovranità, Domenico Arena, il coordinatore regionale di Fratelli d’Italia, Ernesto Rapani ed il dirigente nazionale dell’Mns, Domenico Campana, riferendosi alla visita in Calabria del Ministro e segretario nazionale della Lega, Matteo Salvini. «Rivolgiamo – affermano – un appello a Salvini, al quale riconosciamo uno dei grandi meriti di aver “fatto metabolizzare” al suo movimento, il valore dell’unità e della sovranità nazionali, per un vero e proprio “patto” tra Sud e Nord all’insegna della solidarietà e della sussidiarietà e lanciamo il Presidenzialismo come baricentro unitario.

Nell’ambito dell’unità nazionale – sottolineano Rapani e Campana – invitiamo il vicepremier a correggere le “storture” della legge del 2009 sul federalismo differenziato. A nostro avviso il “patto” dovrebbe mutare metodi: investimenti non in base alla spesa storica, altrimenti il ricco (il nord) sarà sempre più ricco ed il povero (il sud), sempre più povero. L’accordo, ancora, non dovrebbe lasciare inalterati i livelli essenziali di prestazioni e dei fabbisogni standard che non tutelano attualmente la parità dei diritti dei cittadini nel Mezzogiorno, nei settori della mobilità, della sanità e dell’istruzione pubblica. E poi non sono mancati i soliti proclami, non ultimo quello della Ministra del Sud, Barbara Lezzi, sui cosiddetti “Contratti istituzionali”, sottoscritti alcuni giorni addietro in Calabria: anche in questo caso le profonde disparità permangono su gradi temi quali le infrastrutture deficitarie e cantieri fermi, i tagli alle risorse per il Mezzogiorno che può appena fare affidamento al Fondo di coesione.

Nell’ambito dell’unità nazionale – sottolineano Rapani e Campana – invitiamo il vicepremier a correggere le “storture” della legge del 2009 sul federalismo differenziato. A nostro avviso il “patto” dovrebbe mutare metodi: investimenti non in base alla spesa storica, altrimenti il ricco (il nord) sarà sempre più ricco ed il povero (il sud), sempre più povero. L’accordo, ancora, non dovrebbe lasciare inalterati i livelli essenziali di prestazioni e dei fabbisogni standard che non tutelano attualmente la parità dei diritti dei cittadini nel Mezzogiorno, nei settori della mobilità, della sanità e dell’istruzione pubblica. E poi non sono mancati i soliti proclami, non ultimo quello della Ministra del Sud, Barbara Lezzi, sui cosiddetti “Contratti istituzionali”, sottoscritti alcuni giorni addietro in Calabria: anche in questo caso le profonde disparità permangono su gradi temi quali le infrastrutture deficitarie e cantieri fermi, i tagli alle risorse per il Mezzogiorno che può appena fare affidamento al Fondo di coesione.

Sarebbe, invece, necessario riscrivere il “piano infrastrutturale speciale” che presenta una ripartizione territoriale molto sperequata: quasi il 70% dei 190 miliardi riguarda progetti del Centro-Nord e soltanto 86 miliardi sono destinati al Mezzogiorno. Anche lo ‘Sblocca cantieri’ – proseguono Rapani e Campana – presenta non poche criticità. Secondo l’Ance, al Sud ci sono 130 opere bloccate per un valore di investimenti di 11,7 miliardi. L’Anas ha segnalato che nel Mezzogiorno il 60% degli interventi è fermo. Non meno di 115 cantieri per 9 miliardi di euro di investimenti, saranno rimandati. In caso di adozione di quell’autonomia tanto richiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna, il “Patto Sud-Nord” – ribadiscono – dovrebbe contemplare una rivisitazione nella direzione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep); negli indicatori di fabbisogno infrastrutturale; verso un percorso per determinare la spesa oltre rispetto a quella per le funzioni fondamentali. Bisogna, in sostanza, rivedere – concludono Rapani e Campana – i criteri dei decreti attuativi della legge 2009».

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