di Felice Foresta – Presidente Occhiuto, vorrei la delega alle azioni di sviluppo per Nardodipace. No, davvero, non è una polemica, e neanche una provocazione. Lo dico davvero. Anche se, di primo acchito, potrebbe apparire il contrario. E, poi, di polemiche e provocazioni non credo che, in questo momento, abbia bisogno la Calabria. E non è neppure una banale esercitazione di sciovinismo cittadino. Che, pure, mi potrebbe essere addebitato. Perché le azioni di sviluppo per la città metropolitana di Reggio Calabria e non, per esempio, le azioni di sviluppo per Catanzaro capoluogo di regione? No, non è questo il tema. La mia è una richiesta di periferia. Perché a una periferia, anche se metaforica, è rivolta. Nardodipace. Un paese che, pur nella straripante e imperiosa bellezza dei suoi megaliti, i petri ‘ncastunati (come li chiamano da quelle parti e di recente andati in onda su Focus), accusa la sua notorietà per essere il paese più povero della nostra regione. E forse dell’intera nazione. Sarà vero. Ecco il senso sotteso alla richiesta con cui ho esordito.
La Calabria può ridestarsi solo con un cambio di mentalità
La Calabria può ridestarsi solo con un cambio di mentalità
Il mio, allora, è, o vuol essere, solo il modo di declinare una filosofia di vita. Alimentata, certo, nel messaggio del più grande rivoluzionario della storia. Ma, anche, più sommessamente nei tanti insegnamenti che ho visto impartirmi, da maestri inconsapevoli, in anni trascorsi fra pascoli, boscaglie e armenti. Il cane pastore che aspetta la pecora zoppa è stato ed è, senza dubbio, il più devastante che abbia mai incrociato. E nell’accezione più nobile e autentica del termine. Perché scardina ogni gerarchia. Sancendo la necessità dell’attesa da parte di chi potrebbe esserne esentato. Perché codifica un editto. Magnificando, soltanto, la semplicità di una mano tesa. Perché fa di un gesto un atto sacro. Rivendicando la primazia degli ultimi. Ecco, allora, cosa mi sarei aspettato dal nuovo governo regionale. Un’apertura simbolica. Un gesto, appunto. Magari con tanto di delega assessoriale in favore di un paese ultimo. Perché sono un idealista? Forse. Ma, soprattutto, perché sono fermamente convinto che la Calabria possa ridestarsi solo attraverso un cambio di atteggiamento mentale e culturale che consacri la centralità dei suoi paesi. Con il loro inestimabile portato di saperi, esperienze, valori. Perché continuo a credere che solo recuperando tutti uno sviluppo serio e organico possa progettarsi e, concretamente, realizzarsi. Perché ho la certezza che solo negli altri potrà davvero dirsi compiuto il nostro destino. E perché solo gli ultimi portano in dote gocce di splendore.