Uccisa. Data in pasto ai maiali. I resti, poi, macinati con un trattore. C’è tutta la ferocia della ‘ndrangheta nell’omicidio di Maria Chindamo, l’imprenditrice di Laureana di Borrello sparita il 6 maggio 2016 all’età di 42 anni mentre si trovava nella sua tenuta agricola di Limbadi, paesino ufficialmente in provincia di Vibo Valentia ma in realtà regno della cosca Mancuso. Dopo otto anni dalla sua scomparsa, nell’inchiesta “Carthago-Maestrale” che ha portato all’arresto di 84 persone, la Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri ha ricostruito il delitto di una donna calabrese che si era ribellata alla ‘ndrangheta e aveva deciso di gestire i terreni di sua proprietà dopo il suicidio del marito, Ferdinando Puntoriero, morto l’8 maggio 2015.
Dettagli ripercorsi dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, ospite del Festival del Giornalismo d’Inchiesta delle Marche “Gianni Rossetti”: “In Calabria sono state uccise tante donne di mafia. Maria Chindamo apparteneva a una famiglia normale della piana di Gioia Tauro e sposò un uomo incensurato, ma forse con mentalità abbastanza chiusa. Quest’uomo si suicidò nel 2015 e tutti iniziarono a pensare che lo avesse fatto per colpa di questa donna. Lei si ritrovò a gestire i suoi terreni e la sua attività agricola, ma la ‘ndrangheta voleva quell’appezzamento di terra e lei non ha voluto cederlo. Più volte è stata minacciata e vessata, ma non ha mollato e alla fine hanno deciso di ammazzarla”.
Dettagli ripercorsi dal procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, ospite del Festival del Giornalismo d’Inchiesta delle Marche “Gianni Rossetti”: “In Calabria sono state uccise tante donne di mafia. Maria Chindamo apparteneva a una famiglia normale della piana di Gioia Tauro e sposò un uomo incensurato, ma forse con mentalità abbastanza chiusa. Quest’uomo si suicidò nel 2015 e tutti iniziarono a pensare che lo avesse fatto per colpa di questa donna. Lei si ritrovò a gestire i suoi terreni e la sua attività agricola, ma la ‘ndrangheta voleva quell’appezzamento di terra e lei non ha voluto cederlo. Più volte è stata minacciata e vessata, ma non ha mollato e alla fine hanno deciso di ammazzarla”.
“Questa donna – prosegue Gratteri -, anziché chiudersi in casa e aspettare il mantenimento dei parenti del marito, si è rimboccata le maniche: si è iscritta all’albo degli imprenditori agricoli e all’università, iniziando a piantare kiwi. Non le sono state perdonate due cose: si era fidanzata con un poliziotto e aveva avuto l’ardire di pubblicare su Facebook una foto di coppia. Nello stesso tempo, appunto, la ‘ndrangheta voleva quell’appezzamento di terreno molto fertile”. Era tanta la rabbia di chi ha deciso di ammazzarla che “l’hanno data in pasto i maiali. Siccome poi i maiali non avevano finito tutto, i resti sono stati messi nella terra e macinati col trattore. Noi riteniamo di avere un numero sufficiente di elementi al punto che il gip ha emesso tre ordinanze di custodia cautelare. Si aspetta chiaramente il processo, ma da tutti gli elementi possiamo dedurre che sia questa la storia della povera Maria”.