Omicidio volontario in concorso. E’ questa l’accusa finale contestata dal pubblico ministero di Cagliari, Gaetano Porcu, all’allevatore di Dolianova Joselito Marras, 53 anni, e al figlio Michael, di 28, in carcere da 11 mesi con l’accusa di aver ucciso i fratelli calabresi Davide e Massimo Mirabello, di 40 e 35 anni, nelle campagne del paese del sud Sardegna nel febbraio 2020. Oggi il magistrato inquirente ha notificato l’avviso di conclusione delle indagini preliminari agli avvocati difensori Patrizio Rovelli e Maria Grazia Monni.
I risultati dell’autopsia e la relazione del medico legale
I risultati dell’autopsia e la relazione del medico legale
Pochi giorni fa il medico legale incaricato dalla Procura aveva consegnato la sua relazione conclusiva in merito all’autopsia che aveva confermato come Davide Mirabello fosse morto immediatamente a causa di una fucilata, mentre il fratello avrebbe subito una frattura del cranio, con una conseguente emorragia che gli avrebbe fatto perdere i sensi. È probabile – aveva segnalato il medico legale – che nel momento in cui è stato abbandonato in campagna fosse ancora vivo e agonizzante.
Le liti e il duplice omicidio
All’origine del fatto di sangue vi erano vecchi attriti tra i Marras e i Mirabello legati al pascolo del gregge. Prima litigi, poi accuse sull’uccisione di un cane, l’incendio di una Ape Piaggio e di un capanno e, infine, una brutale aggressione ai danni di Michael Marras. Il 9 febbraio dello scorso anno, poi, i due fratelli calabresi scompaiono nel nulla: i carabinieri impiegano settimane a chiudere il cerchio su Joselito Marras e sul figlio che poi vengono arrestati. Il padre alla fine confessa e fa ritrovare i corpi, ma scagiona il figlio dall’omicidio. Per ora il pm Pocru non ha creduto a quell’assunzione di responsabilità, contestando il concorso nell’omicidio – ma non la premeditazione – ad entrambi.
L’altro indagato
Il compaesano Stefano Mura, 43 anni, è invece accusato di favoreggiamento personale per aver detto di aver trovato un coltello il giorno del delitto, ma – secondo l’accusa – averne consegnato un altro ai carabinieri.