Fine pena mai per Marco Gallo ritenuto il killer che ha condannato a morte Gregorio Mezzatesta, il dipendente delle Ferrovie della Calabria ucciso il 24 giugno 2017 a Catanzaro. La Corte di assise appello del capoluogo, presieduta da Fabrizio Cosentino, a latere Domenico Commodaro, ha confermato il verdetto emesso dai giudici di prime cure l’8 luglio 2021, come richiesto dal sostituto procuratore in aula, (che però aveva anche invocato l’aggravante mafiosa, non riconosciuta dalla Corte di assise appello), richiesta alla quale si è associato il difensore delle parti civili l’avvocato Enzo Galeota. I legali di Gallo, gli avvocati Francesco Siclari e Antonello Mancuso, attenderanno il deposito delle motivazioni della sentenza per ricorrere in Cassazione.
Il movente dell’omicidio
Il movente dell’omicidio
La vittima venne raggiunta alla testa da quattro colpi di pistola che ne provocarono la morte immediata. Secondo l’accusa, il killer avrebbe agito per “punire” Domenico Mezzatesta, fratello di Gregorio, ritenuto dalla cosca Scalise il responsabile dell’uccisione di Daniele Scalise, appartenente all’omonimo gruppo criminale dominante sul comprensorio montano del Lametino. Una “vendetta trasversale” maturata in seno al gruppo criminale nei confronti del gruppo Mezzatesta e, precisamente, l’eliminazione, in seno alla famiglia avversaria, dell’unica persona che nulla aveva a che fare con le dinamiche di Giovanni e Domenico Mezzatesta”. Sempre secondo l’accusa la vittima era “un uomo semplice, un lavoratore, lontano in prima persona da logiche criminali, colpevole solo di avere come cognome Mezzatesta”.