Una lotta fino all’ultimo respiro, ma l’esito è ancora una volta amarissimo. Il Catanzaro perde anche a Venezia e rimedia il terzo ko consecutivo in campionato. Niente drammi, perché i giallorossi hanno tenuto testa a tutte le squadre affrontate finora e in laguna il Catanzaro ci è arrivato con tre assenze pesantissime (Scognamillo, Verna e Donnarumma), ma il filotto di sconfitte genera inevitabilmente qualche riflessione sul momento giallorosso.
Ingenuità difensive
Anche al “Penzo”, il Catanzaro ha espresso un palleggio di qualità, buone geometrie e disinvoltura contro un avversario in corsa per il vertice della classifica. Ben più del 70% di possesso palla, 37 minuti di gioco: tradotto, un’enormità. I tre punti però sono andati alla squadra di Vanoli, che nel primo tempo è stata cinica a sfruttare le ingenuità dei giallorossi mentre nella ripresa ha arretrato il proprio baricentro lasciando “sfogare” le Aquile che hanno rischiato addirittura un passivo più pesante. E proprio qui si innesta la prima riflessione: così come nella precedente gara contro il Modena, i giallorossi hanno concesso all’avversario di andare in rete su situazioni di gioco ingenue e con autentiche voragini in campo. Prendendo il caso della partita in laguna, gli episodi sono arrivati prima su un rigore generato dall’uscita avventata di Fulignati (dopo che Situm, condizionato dall’ammonizione, si era lasciato scappare Ellertsson) e a ridosso dell’intervallo sugli sviluppi di un fallo laterale con difesa mal posizionata. Con un pizzico di attenzione e furbizia in più, il Catanzaro avrebbe evitato di andare negli spogliatoi in svantaggio e nella ripresa il Venezia sarebbe stato costretto a scoprirsi per cercare il gol invece di chiudersi a riccio.
Necessità di soluzioni alternative
Questa squadra vive del suo (bellissimo) gioco e i risultati, almeno per ora, passano necessariamente da lì. Il dato del possesso palla trova poi un riflesso diretto nelle idee di Vivarini e in ciò che il tecnico ha sempre professato: ogni parte in causa diventa attore principale della costruzione. Gli avversari, però, conoscono ormai il Catanzaro e con il passare del tempo gli ostacoli diventeranno sempre più grossi. Bisogna quindi trovare immediate soluzioni alternative per le partite in cui il palleggio giallorosso verrà condizionato dagli avversari. Poco più di una settimana fa, a esempio, il Modena è uscito dal “Ceravolo” con 27 falli commessi (e solo quattro ammoniti) che hanno permesso ai canarini di sporcare la manovra delle Aquile.
Il Catanzaro non gioca un calcio opportunistico o estemporaneo. Lavora il pallone e arriva in area seguendo un’idea precisa, con metodo e linee di passaggio codificate. Ma spesso tutto questo non basta e, oltre a essere belli, a volte bisogna sporcarsi le mani. Cercare l’uno contro uno, capire quando è giusto attaccare e quando invece è più importante disporre i reparti in maniera compatta sulle ripartenze avversarie, provare più tiri da fuori o cross in area. L’occasione più ghiotta per il pari capitata sui piedi di Brignola venerdì scorso, a esempio, è nata proprio da un traversone in area di Vandeputte.
La bellezza è anche efficacia
Fraintendere possesso palla e dominio significa, allo stesso modo, guardare il dito anziché la luna. La bellezza è anche efficacia e reattività, quell’indole camaleontica che si attiva in base agli svariati momenti di una gara. Questo Catanzaro è un gruppo costruito in modo chiaro grazie alla lungimiranza della società, della dirigenza e di chi lo allena. La Serie B è un campionato crudele e non concede sconti: Vivarini lo sa e sta lavorando per migliorare tutti i meccanismi di una squadra che finora ha dimostrato quasi sempre di saper imparare dai propri errori. Le rimonte (anche parziali) contro Bari, Genova e Cittadella dopo la manita rifilata dal Parma ne sono l’emblema. “Vietato perdere l’entusiasmo”, per citare Vivarini: in fondo, il processo di crescita di una matricola passa inevitabilmente anche da un momento negativo come questo.
(foto in evidenza tratta dai canali social dell’Us Catanzaro)