Giornalista aggredita a Rinascita Scott, Soluri: “Un episodio da chiarire”

Il presidente dell'Ordine dei giornalisti calabrese è intervenuto a sostegno della collega aggredita per una foto durante il maxi processo

“Un episodio su cui è necessario che si faccia piena luce anche per evitare che il comportamento di un singolo offuschi l’immagine dell’Arma dei carabinieri e dei tanti rappresentanti delle forze dell’ordine che quotidianamente sono in trincea per combattere la criminalità comune e mafiosa”. E’ quanto sostiene il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Giuseppe Soluri, in riferimento a quanto avvenuto stamattina nell’aula bunker del processo Rinascita-Scott a Lamezia Terme. Vittima dell’episodio la giornalista Alessia Truzzolillo che segue quotidianamente l’importante processo. Alessia Truzzolillo ha raccontato di essere stata di fatto spinta verso una sorta di corridoio laterale dell’aula bunker da un carabiniere poi individuato come caposcorta.

“Sono improvvisamente stata avvicinata per una foto scattata al pm che interrogava il collaboratore Andrea Mantella”-ha detto Alessia Truzzolillo. “Attenta a non riprendere i monitor con i detenuti – ha aggiunto la giornalista – ho zoomato sul magistrato quando ho notato un uomo, dall’altra parte dell’aula che si agitava e mi faceva segno di andare lì. Ci siamo incontrati a metà corridoio e l’uomo mi ha subito investito con un ‘ora tu cancelli quelle riprese’. Poi, minacciando di cacciarmi dall’aula, mi ha spinto verso il corridoio con un gesto a metà tra la spinta e l’afferrarmi da sotto l’ascella. Mi sono divincolata e ho chiesto di non essere toccata. Nonostante mi avesse messo le mani addosso l’uomo mi ha intimato di non agitare le mani che io muovevo nell’aria, spaventata da quei modi, per fargli capire che c’è un’ordinanza del Tribunale di Vibo Valentia che autorizza la stampa a fare video e foto. Ho recuperato l’ordinanza che avevo salvata nella mail per fargliela leggere ma mi ha fatto capire che non gli interessava niente e che voleva vedere le foto, asserendo che non avevo l’autorizzazione a riprendere la scorta e, dopo avere preso il mio cellulare – ha raccontato Truzzolillo – ha preso a sfogliare il mio album personale per accertarsi che non vi fossero altre foto. Nel corridoio con me sono entrati anche i carabinieri addetti alla sicurezza, ma – ha precisato Alessia Truzzolillo – con tutt’altro atteggiamento. Sono stata trattenuta in quel corridoio per oltre mezz’ora, tanto che la cosa, notata da diversi avvocati che avevano assistito alla scena ha spinto qualche legale a venire a vedere cosa stesse succedendo. Ero agitata, stretta contro un muro, frustrata per non poter esercitare un mio diritto sacrosanto di cronaca e per dovermi confrontare con un militare che con modi aggressivi sapeva solo minacciarmi di buttarmi fuori con frasi del tipo  ‘adesso vediamo se le foto vanno bene e se tu resti ancora qui’”.

“Sono improvvisamente stata avvicinata per una foto scattata al pm che interrogava il collaboratore Andrea Mantella”-ha detto Alessia Truzzolillo. “Attenta a non riprendere i monitor con i detenuti – ha aggiunto la giornalista – ho zoomato sul magistrato quando ho notato un uomo, dall’altra parte dell’aula che si agitava e mi faceva segno di andare lì. Ci siamo incontrati a metà corridoio e l’uomo mi ha subito investito con un ‘ora tu cancelli quelle riprese’. Poi, minacciando di cacciarmi dall’aula, mi ha spinto verso il corridoio con un gesto a metà tra la spinta e l’afferrarmi da sotto l’ascella. Mi sono divincolata e ho chiesto di non essere toccata. Nonostante mi avesse messo le mani addosso l’uomo mi ha intimato di non agitare le mani che io muovevo nell’aria, spaventata da quei modi, per fargli capire che c’è un’ordinanza del Tribunale di Vibo Valentia che autorizza la stampa a fare video e foto. Ho recuperato l’ordinanza che avevo salvata nella mail per fargliela leggere ma mi ha fatto capire che non gli interessava niente e che voleva vedere le foto, asserendo che non avevo l’autorizzazione a riprendere la scorta e, dopo avere preso il mio cellulare – ha raccontato Truzzolillo – ha preso a sfogliare il mio album personale per accertarsi che non vi fossero altre foto. Nel corridoio con me sono entrati anche i carabinieri addetti alla sicurezza, ma – ha precisato Alessia Truzzolillo – con tutt’altro atteggiamento. Sono stata trattenuta in quel corridoio per oltre mezz’ora, tanto che la cosa, notata da diversi avvocati che avevano assistito alla scena ha spinto qualche legale a venire a vedere cosa stesse succedendo. Ero agitata, stretta contro un muro, frustrata per non poter esercitare un mio diritto sacrosanto di cronaca e per dovermi confrontare con un militare che con modi aggressivi sapeva solo minacciarmi di buttarmi fuori con frasi del tipo  ‘adesso vediamo se le foto vanno bene e se tu resti ancora qui’”.

La solidarietà

“Alcuni avvocati – ha aggiunto Alessia Truzzolillo – hanno anche minacciato di fare sospendere l’udienza e mi hanno chiesto se avessi bisogno di assistenza. Dopo un tempo infinito – ha aggiunto la giornalista – sono riuscita a tornare in fondo all’aula bunker, dove si trovavano anche gli altri miei colleghi che ogni giorno da mesi seguono il processo. Mi hanno seguito anche i carabinieri della sicurezza, poco dopo è arrivata anche la dottoressa Gaetana Ventriglia, dirigente del commissariato di Lamezia Terme. I miei colleghi hanno smesso di seguire l’udienza, costretti a dover spiegare quelli che sono i nostri diritti, alcuni faticosamente conquistati. Ho ricevuto la solidarietà di tutti, del dirigente Ventriglia, dei carabinieri presenti, degli altri uomini della scorta, del colonnello Menta, Comandante Rsm di Reggio Calabria. Anche il pm Antonio De Bernardo, saputo quanto era accaduto, è arrivato nell’area giornalisti per capire cosa fosse successo. ‘Mi dispiace di quanto accaduto’, ha ripetuto più volte, pur non avendo nessuna responsabilità del comportamento del carabiniere. L’unico che non si è scusato, che non ha mai smesso i comportamenti aggressivi e accusatori è stato il caposcorta. La questione non è passata sotto silenzio. Al termine della pausa pranzo quanto accaduto è stato portato all’attenzione del Tribunale da vari avvocati presenti. E il Tribunale ha ribadito che sono ammesse le foto e le riprese, nonostante limitazioni alla divulgazione dell’audio. Sono ancora agitata da quella spinta gratuita, dalla frase ‘ora vediamo se resti ancora qui’, da quell’angolo di muro nel quale sono rimasta confinata, dal ‘cancella subito quelle riprese’ (che poi erano foto ma non cambia molto), dall’aggressività gratuita” -ha concluso Alessia Truzzolillo.
“Un episodio davvero poco edificante – chiosa il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Calabria- che mortifica certamente il lavoro e la dignità dei giornalisti che quotidianamente informano su quello che è stato da più parti definito come un processo storico. Un episodio che abbisogna di un opportuno e necessario intervento da parte sia dell’Arma che del Tribunale di Vibo Valentia”

© Riproduzione riservata

TI POTREBBE INTERESSARE
Nel corso dell'incontro sarà presentato il dossier elaborato dai circoli locali di Legambiente basato sulla campagna di monitoraggio effettuata su alcune aste fluviali
Messa in sicurezza l’area, è stato chiuso al traffico il tratto interessato dal rogo per il tempo necessario alle operazioni di spegnimento
Il governatore: "La nostra terra ha vitigni eccellenti e tante piccole cantine"
Ordinato sacerdote nel 1936 fu membro per sedici anni della Compagnia di Gesù, insegnando filosofia e teologia
Sul posto il personale medico del 118 ed i carabinieri per i rilievi del caso, assieme a squadre dell'Anas
Le osservazioni in vista della conferenza di impatto ambientale
L'aspirante primo cittadino parla anche delle "condizioni disagevoli per l’erogazione delle prestazioni" e del "sovraccarico di lavoro"
Il più grande festival della regione, dall’anima itinerante e dal respiro internazionale, sarà inaugurato lunedì 15 aprile
Intanto il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi, è in contatto con i prefetti delle città italiane
L'uomo non ha saputo specificare la provenienza del denaro che per gli investigatori sarebbe frutto di illeciti
RUBRICHE

Testata giornalistica registrata al Tribunale di Catanzaro n.1 del Registro Stampa del 7/02/2019.

Direttore Responsabile Mimmo Famularo
Caporedattore Gabriella Passariello

Calabria7 S.r.l. | P.Iva 03674010792

2024 © All rights reserved