Giudice cosentina accusata di corruzione finisce in carcere, impugnata misura restrittiva

Il gip al termine dell'interrogatorio di garanzia dei due indagati ha negato una misura meno afflittiva come gli arresti domiciliari

Il 9 maggio sarà discusso il ricorso al Tribunale del Riesame di Perugia presentato dal giudice Giorgia Castriota, in carcere a Rebibbia e ritenuta la presunta responsabile del reato di corruzione. Insieme al magistrato ha impugnato il provvedimento cautelare Silvano Ferraro. Anche lui è finito in carcere è considerato dagli inquirenti: “l’anello di congiunzione tra il magistrato che a causa del ruolo, doveva restare formalmente estranea a certe dinamiche, ed i professionisti”. Dalle carte dell’inchiesta è emersa una relazione sentimentale tra Ferraro e il magistrato. Quella del Riesame sarà una tappa fondamentale nell’iter giudiziario.

Negata la misura degli arresti domiciliari

Negata la misura degli arresti domiciliari

Nei giorni scorsi il gip di Perugia Natalia Giubilei al termine dell’interrogatorio di garanzia dei due indagati, (una volta ricevuto il parere della Procura) ha negato una misura meno afflittiva come gli arresti domiciliari. Non solo intercettazioni telefoniche e ambientali ma i riscontri si basano anche sui pedinamenti. L’inchiesta che ha portato a ricostruire lo scandalo che ha investito il Tribunale è stata anche tradizionale come è riportato nel provvedimento. Il magistrato in una circostanza che risale allo scorso 7 dicembre si incontra con Stefania Vitto (anche lei arrestata e che si trova ai domiciliari), in quello che viene chiamato in un modo: il solito posto. E’ un’area di servizio sulla Pontina all’altezza di Pomezia. “E’ plausibile ritenere che l’incontro finalizzato alla consegna delle dazioni di denaro prelevate sia avvenuto il 7 dicembre quando Castriota e Vitto convergono di incontrarsi al solito posto”. E’ in effetti la Guardia di Finanza documenta un incontro nel piazzale di un distributore e il magistrato sale in auto dell’amica. (LatinaOggi)

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