Giustizia, Crespi: “Decisione Corte Ue su ergastolo ostativo è monito all’Italia”

“Per vincere contro la criminalità organizzata, contro la logica del male è necessario affermare i principi della legalità e raccontare le storie del bene. Le storie di chi deve espiare una pena ed al tempo stesso rilanciare con la testimonianza e le opere. Nella decisione della Corte Europea per i diritti umani va letto questo monito, è questo il segnale che dall’Europa deve giungere in Italia”.
Così Ambrogio Crespi, regista del docufilm ‘Spes contra Spem’, nato da una intuizione di Marco Pannella e che, secondo Sergio D’Elia dell’Associazione ‘Nessuno tocchi Caino’, ha contribuito “ad aprire le menti dei giudici di Strasburgo”.
Così Ambrogio Crespi, regista del docufilm ‘Spes contra Spem’, nato da una intuizione di Marco Pannella e che, secondo Sergio D’Elia dell’Associazione ‘Nessuno tocchi Caino’, ha contribuito “ad aprire le menti dei giudici di Strasburgo”.
La decisone della Corte di Strasburgo, rispetto al caso ‘Marcello Viola vs Italia’, di condannare la pratica dell’ergastolo, del ‘fine pena mai’, va secondo Crespi “in questa direzione perché si prende atto di un fatto di civiltà. Il ‘fine pena mai’, e’disumano, e’contro i principi giuridici, soprattutto non ci aiuta in una grande battaglia. Una efficace risposta alla criminalità è nella redenzione, nella capacità di far vincere il bene sul male. Senza questa narrazione perde ogni norma”.
“Sono felice – sottolinea Crespi – perché quando immaginammo il lavoro l’obiettivo era quello di far riflettere, di raccontare la seconda possibilità di ogni uomo, di contrapporre il bianco ed il nero. ‘Spes contra Spem’ e’stato un viaggio, condotto con Sergio D’Elia, Elisabetta Zambarutti e tanti amici di grande professionalità come l’ex direttore del carcere di Opera Giacinto Siciliano ed il magistrato Santi Consolo,
partito dalle coscienze di uomini che non hanno cancellato il male, uomini che lo hanno superato e che hanno avviato un percorso di rivincita, di legalità, di testimonianza del bene. Il ‘fine pena mai’ e’ contrario alla civiltà della Convenzione Europea per i diritti umani ma è contrario anche al dettato della nostra Costituzione, a quel comma dell’articolo 27 che dice ‘le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato’. Ed il docufilm, che è sfida culturale, ha raccontato questa ‘rieducazione’, quella che io definisco ‘voglia di rimettersi in gioco, di servire la comunità’. Lo schiaffo alla logica del male ed alla criminalità”.
“Un lavoro che ha trovato fondamenta nel diritto, nel messaggio cristiano, nel senso di umanità, soprattutto nella speranza” conclude Crespi.
Redazione Calabria 7

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