Nell’ultima parte del suo interrogatorio, Tommaso Mazza, ex vertice del clan dei Gaglianesi, si sofferma sulle figure di Giuseppe Antonio Accorinti, boss di Zungri, e su quelle che compongono la famiglia Bonavota, nonché i Maiolo di Acquaro. Del primo, il pentito afferma che “è la persona più importante della famiglia, anche rispetto al fratello Pietro. Questo Peppone Accorinti l’ho visto personalmente in una occasione a casa di Luigi Mancuso, quando mi recai da questo con Giuseppe Prostamo. Andai lì per discutere di un appalto per il quale avevamo già sistemato le cose con la ditta, per evitare che qualcun altro si intromettesse su quel cantiere. Accorinti – rileva – era un uomo di Luigi Mancuso. La strategia che il clan di Limbadi utilizzava era quella di creare ‘zizzania’, per far sì che i gruppi si scontrassero tra di loro e poi approfittare dell’alleanza con i vincitori”.
L’incontro con i Bonavota a Catanzaro
L’incontro con i Bonavota a Catanzaro
Sui Bonavota, Mazza ha riferito di conoscere la famiglia che si “occupava di droga, estorsioni ed altre attività illecite”. In particolare ho conosciuto Nino e Vincenzo Bonavota, che incontravo a Catanzaro. Nino ricordo che era anche intimo amico di Gaetano Ciampà Crotone. In una occasione questi Bonavota vennero da me per l’apertura di un autosalone da parte di un commerciante di Gioia Tauro, di nome Mammoliti, si presentarono insieme a Ciampà per assicurarsi che questo imprenditore, a loro vicino, non venisse toccato e non venisse assoggettato a estorsione. In compenso Mammoliti ci lasciava prendere le macchine gratis, facendoci stipulare delle finanziarie dietro presentazione di buste paga false che poi non venivano onorate. Ricordo che aveva, quali marchi, la Seat e Saab”. Proseguendo nel racconto, il collaboratore ricorda anche di un altro “Vincenzo Bonavota, diverso dai due di cui ho parlato, attivo non ricordo esattamente su quale zona, che era a capo di una famiglia coinvolta in un’altra faida in atto, in quegli anni, con un gruppo dell’entroterra. Sinceramente ora non riesco a ricordare il nome di quest’altra famiglia in guerra con questi Bonavota”.
L’amicizia con i Maiolo di Acquaro
Altro sodalizio del quale ha parlato Mazza è quello dei Maiolo, raccontando che nel suo “stesso periodo di detenzione e di questi soggetti prima menzionati, in carcere con noi c’era anche Rocco Maiolo, del paese di Acquaro, zona delle Serre vibonesi, poi ucciso dopo essere stato attirato in una trappola da Salvatore Maiolo, anche lui detenuto nello stesso carcere con noi in quegli anni. Questo fatto ricordo che mi fu raccontato perché successivamente venni raggiunto a Catanzaro da questo Salvatore, il quale mi chiese di fargli avere tramite le mie amicizie un esonero dal servizio di leva, all’epoca obbligatorio. Poco dopo venni a sapere che Salvatore Maiolo era stato ammazzato e non ricordo se Gino Costanzo, amico di Rocco Maiolo, o gli stessi Pasquale Pititto e Michele Iannello mi dissero che era stato ammazzato per vendicare l’agguato teso a Rocco. L’omicidio venne attribuito al fratello di quest’ultimo, di cui non ricordo il nome”.
La faida, la trappola e il no ai Pelle-Morabito
Infine, Mazza riferisce sulla propria figura che in quegli anni (’80-’90) era divenuto un punto di riferimento per la criminalità locale catanzarese “e questo presto divenne anche il mio problema, in quanto si rivolgevano tutti a me, anche persone tra loro in guerra. Venni anche coinvolto nell’ambito della faida tra gli Strangio, i Pizzata ed i Giorgi contro Peppe Morabito “tiradritto” e Antonio Pelle. Avvenne, infatti, che persone vicino ai Pelle notarono la mia autovettura in occasione delle mie visite a Tonino Strangio e per questo venni convocato da Pelle e Morabito i quali mi domandarono di attirare Strangio in una trappola per consentirgli di ammazzano. Io mi rifiutai ma fortunatamente non mi accadde nulla”. (f.p.)
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