Guerra in Ucraina, in 500 in piazza a Reggio Calabria per chiedere la pace

Molte le bandiere blu e gialle che, in maggioranza donne, impegnate in città nell'assistenza agli anziani come badanti, sventolato durante la manifestazione

Riecheggia forte anche dalla Calabria il No alla guerra in Ucraina. In piazza a Reggio, circa 500 persone, in rappresentanza delle sigle sindacali unitarie, Cgil, Cisl e Uil, del sindacato Sul, di Auser e Libera, assieme a rappresentanti di partiti, movimenti e associazioni, si sono ritrovate per manifestare contro un conflitto definito “spietato, inaccettabile sotto qualsiasi profilo geopolitico, e motivato solo dalla volontà della Russia di allargare il suo campo di influenza verso Ovest, verso l’Europa, che con la Nato rappresenterebbe una minaccia alla sua sicurezza interna”.

In piazza Italia, nel centro della città, c’era una numerosa comunità ucraina. Molte le bandiere blu e gialle che, in maggioranza donne, impegnate in città nell’assistenza agli anziani come badanti, sventolato durante la manifestazione. Sui loro visi la preoccupazione per i figli, i familiari, gli amici, che hanno lasciato in patria, ora in balia di incursioni aeree e da terra dell’esercito russo. Lyudmilla, originaria di Kiev, con gli occhi rossi per le lacrime di queste ore, parla di genocidio in atto. Non nomina mai Putin o i russi. “Questi mostri – afferma – come hanno potuto colpire un edificio di 25 piani dove risiedono persone innocenti, donne e bambini. Io pretendo che tutti i Paesi del mondo che si definiscono democratici intervengano. Siamo stati lasciati soli. Nemmeno l’Onu, nonostante le nostre ripetute richieste ci ha mai ascoltato Chernobyl, sapete cos’è Chernobyl, è adesso è nelle mani di questo mostro, come potete dormire tranquilli?”.

In piazza Italia, nel centro della città, c’era una numerosa comunità ucraina. Molte le bandiere blu e gialle che, in maggioranza donne, impegnate in città nell’assistenza agli anziani come badanti, sventolato durante la manifestazione. Sui loro visi la preoccupazione per i figli, i familiari, gli amici, che hanno lasciato in patria, ora in balia di incursioni aeree e da terra dell’esercito russo. Lyudmilla, originaria di Kiev, con gli occhi rossi per le lacrime di queste ore, parla di genocidio in atto. Non nomina mai Putin o i russi. “Questi mostri – afferma – come hanno potuto colpire un edificio di 25 piani dove risiedono persone innocenti, donne e bambini. Io pretendo che tutti i Paesi del mondo che si definiscono democratici intervengano. Siamo stati lasciati soli. Nemmeno l’Onu, nonostante le nostre ripetute richieste ci ha mai ascoltato Chernobyl, sapete cos’è Chernobyl, è adesso è nelle mani di questo mostro, come potete dormire tranquilli?”.

Accanto a lei Tatiana espone una bandiera dell’Ucraina. Dei suoi familiari dice: “Sono vivi, per adesso. Ma vivono in grande pericolo e io sono molto, molto preoccupata”. Un’altra donna, in lacrime chiede donazioni di materiale sanitario di primo soccorso: “Abbiamo bisogno di cotone, garze, fasce, tutto quello che è utile ed indispensabile in questo momento, da far pervenire alla Croce Rossa di Kiev. “Siete madri, siete tutte madri, qui oggi, ascoltateci!”. Dicono di apprezzare le manifestazioni e la vicinanza degli italiani, ma chiedono un aiuto concreto, e soprattutto che il loro paese non sia abbandonato al suo destino.

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