Guerra in Ucraina, Mosca annuncia una tregua temporanea a Mariupol

Nel trentaseiesimo giorno del conflitto le forze armate di Putin sono pronte a dichiarare un "cessate il fuoco" temporaneo a partire dalle 10
Guerra in Ucraina

GUERRA IN UCRAINA – Dovrebbe scattare tra poche ore l’annunciata tregua temporanea a Mariupol, città del sud dell’Ucraina martellata da settimane di intensi bombardamenti russi, mentre, domani, venerdì 1 aprile riprendono i negoziati online fra russi e ucraini. Nel trentaseiesimo giorno del conflitto le forze armate di Putin sono infatti “pronte a dichiarare un cessate il fuoco temporaneo a partire dalle 10 del mattino, ora locale, esclusivamente per scopi umanitari, e ad aprire un ulteriore corridoio umanitario per l’evacuazione di civili e cittadini stranieri da Mariupol a Zaporizhzhya”, ha dichiarato Mikhail Mizintsev, capo del Centro di controllo della difesa nazionale.

Ma la Russia aprirà il corridoio solo a patto che l’Ucraina accetti formalmente per iscritto di rispettare diverse condizioni e confermi l’effettivo cessate il fuoco. Una tregua che potrebbe dare respiro agli abitanti della città portuale ucraina, dove nelle scorse ore le bombe russe hanno colpito un edificio della Croce Rossa e la sede della missione Ue. In un discorso in tv il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che i colloqui di pace con la Russia continuano “ma per il momento ci sono solo parole, niente di concreto”.

Ma la Russia aprirà il corridoio solo a patto che l’Ucraina accetti formalmente per iscritto di rispettare diverse condizioni e confermi l’effettivo cessate il fuoco. Una tregua che potrebbe dare respiro agli abitanti della città portuale ucraina, dove nelle scorse ore le bombe russe hanno colpito un edificio della Croce Rossa e la sede della missione Ue. In un discorso in tv il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che i colloqui di pace con la Russia continuano “ma per il momento ci sono solo parole, niente di concreto”.

Zelensky non crede alle promesse

Zelensky ha dichiarato di non credere alle promesse della Russia di ridurre la sua presenza militare a Kiev. Quanto alla telefonata con il presidente Usa Joe Biden ha riferito che il sostegno americano è vitale per il suo Paese e che “questo momento è un punto di svolta”. Rispetto invece agli annunci russi su una de-escalation del conflitto in alcune regioni del Paese, il leader ucraino ha affermato di non credere a nessuno, aggiungendo che le truppe russe si stanno riorganizzando solo per attaccare nella regione orientale del Donbass. Questa mattina è atteso un suo videocollegamento con il Parlamento australiano.

L’amministrazione Biden continua nel frattempo a valutare opzioni per ulteriori sanzioni contro Mosca, mentre confermando le indiscrezioni di stampa, la direttrice della comunicazione della Casa Bianca Kate Bedingfield ha precisato che Vladimir Putin sarebbe stato mal “informato” sull’offensiva russa dai capi delle forze armate e che avrebbe delle “tensioni” con alcuni suoi consiglieri.

Sul campo

Sul terreno la tensione resta sempre altissima. Per il Pentagono le forze russe in Ucraina hanno iniziato il ritiro dalla zona della centrale nucleare di Chernobyl. Ma “non possiamo ancora dire se ne siano andati tutti”, ha precisato un funzionario. Il sindaco di Irpin, nell’oblast di Kiev, Oleksandr Markushin, ha invece rivelato che “metà della città è stata distrutta e che le macerie non sono state rimosse”. Nella regione di Mykolaiv si traccia un bilancio delle vittime dall’inizio dell’offensiva russa: 134 i civili uccisi, mentre il sindaco di Kharkiv, città dell’Ucraina orientale, Igor Terekhov, ha affermato che l’esercito russo ha distrutto il 15% degli edifici residenziali della città.

Dalla Cina il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov lancia un monito agli occidentali riferendosi all’Afghanistan. Alla terza conferenza ministeriale dei Paesi vicini all’Afghanistan (Russia, Cina, Iran, Pakistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan) il titolare della diplomazia di Mosca ha affermato che considera inaccettabile la presenza di qualsiasi infrastruttura militare statunitense o Nato nei paesi dell’Asia centrale al confine con l’Afghanistan. (Fonte foto: Il Fatto Quotidiano)

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