I clan vibonesi e le ‘talpe’ nella Dda, il pentito Arena: “Con Gratteri le notizie non escono più”

Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, Arena ha spiegato che il clan Bonavota di Sant’Onofrio aveva saputo dell’esistenza di un’indagine su di lui e sullo zio Domenico Camillò, ora imputato con l’accusa di essere uno dei boss del locale di ‘ndrangheta di Vibo Valentia
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I clan vibonesi avrebbero saputo in anticipo, per anni, di notizie ancora coperte da segrete istruttorio e di indagini antimafia in corso sul loro conto. Più “talpe” avrebbero quindi passato notizie riservate agli esponenti dei clan. E’ quanto dichiarato oggi dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia dal collaboratore di giustizia di Vibo Valentia, Bartolomeo Arena, nel corso del maxiprocesso Rinascita Scott.

Le “soffiate” al clan Bonavota di Sant’Onofrio

Le “soffiate” al clan Bonavota di Sant’Onofrio

Rispondendo alle domande del pm della Dda di Catanzaro, ha spiegato che il clan Bonavota di Sant’Onofrio (paese confinante con Vibo Valentia) aveva saputo dell’esistenza di un’indagine sullo stesso Arena e sullo zio Domenico Camillò, ora imputato con l’accusa di essere uno dei boss del locale di ‘ndrangheta di Vibo Valentia. Qualcuno dall’interno della Dda, secondo il collaboratore di giustizia, avrebbe quindi passato informazioni riservate al clan Bonavota. La “musica” sarebbe cambiata, ha sostenuto il collaboratore, con l’arrivo di Nicola Gratteri alla guida della Procura di Catanzaro. “Da quando è arrivato Gratteri – ha dichiarato Arena – la Dda è stata blindata e non è uscito più nulla. Prima invece dalla Dda di Catanzaro le notizie uscivano”.

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