I fratelli Vrenna e l’ex procuratore Tricoli assolti, non agirono per favorire il clan Vrenna-Bonaventura

Per gli inquirenti della Dda il trust sarebbe stato un espediente per evitare il sequestro e la successiva confisca delle aziende del gruppo

Il loro business non sarebbe funzionale agli interessi del clan Vrenna-Bonaventura. La corte d’appello di Catanzaro ha confermato l’assoluzione con formula ampia degli imprenditori crotonesi Raffaele e Gianni Vrenna, dell’ex procuratore della repubblica Franco Tricoli e del commercialista Angelo Berlingeri che erano stati accusati di interposizione fittizia di beni, aggravata dall’aver agito per agevolare le cosche mafiose della zona. Si tratta di una pronuncia che fa il paio con quella emessa nel febbraio del 2017 dal giudice Pietro Carè al termine del processo di primo grado celebrato con rito abbreviato. Il processo fu istruito dalla Direzione distrettuale antimafia nei confronti dell’allora presidente del Crotone Calcio Raffaele Vrenna, del fratello Gianni, attuale presidente del club, dell’ex magistrato e del commercialista coinvolti nella costituzione di un trust in cui, fra il 2008 e il 2009, Vrenna conferì i suoi beni per ‘congelare’ la sua posizione e consentire alle sue società di ottenere il certificato antimafia che la Prefettura gli aveva ritirato. Per gli inquirenti della Dda, in realtà, il trust, costituito all’epoca in cui Raffaele Vrenna era stato condannato per concorso esterno in associazione mafiosa nel processo ‘Puma’ sulle infiltrazioni nel villaggio Praialonga, sarebbe stato un espediente per evitare il sequestro e la successiva confisca delle aziende del gruppo. La tesi è stata sconfessata in entrambi i gradi di giudizio.

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