I “postini” dei clan di Vibo e il messaggio all’imprenditore catanzarese: “Mettiti a posto con gli amici”

L'attentato sul cantiere del nuovo ospedale riaccende i riflettori dell’Antimafia. I messaggeri della 'ndrangheta in azione, la Prefettura convoca un vertice: ipotesi esercito per la vigilanza

di Mimmo Famularo – “Digli al tuo capo di mettersi a posto con gli amici”. I messaggeri della ‘ndrangheta si sono rimessi in moto a Vibo. Spavaldi, arroganti, a volto scoperto, senza alcuna paura di essere denunciati, si starebbero presentando su alcuni cantieri attivi in città per chiedere la “mazzetta”. La strategia sarebbe sempre la stessa: all’inizio una semplice ‘mbasciata (così viene definita nel gergo criminale), poi si prosegue con le minacce, gli avvertimenti e gli attentati se l’estorsione non va a buon fine. Di episodi del genere ne sono stati segnalati diversi e qualcuno ha denunciato. Lo hanno fatto i titolari della “Costruzioni Procopio”, l’impresa catanzarese che si è aggiudicata i lavori per la realizzazione del nuovo ospedale che dovrebbe (il condizionale è sempre d’obbligo) sorgere in località Cocari. Almeno due i tentativi di estorsione messi in atto dai “soliti” ignoti, gli emissari del racket ancora senza nome e cognome. Tutti rispediti al mittente.

Gli ambasciatori dei clan in azione

Gli ambasciatori dei clan in azione

Modalità analoghe a quelle registrate in altri casi: gli ambasciatori dei clan si presentano in pieno giorno al cospetto degli operai, pronunciano la frase tipo e vanno via. C’è chi si rivolge “all’amico degli amici” per risolvere la grana e chi invece non si piega e – come ha fatto il direttore tecnico della “Costruzioni Procopio”, Massimo Procopio – denuncia senza se e senza ma. Di solito segue una seconda “visita” con minacce più esplicite, propedeutiche all’avvertimento vero e proprio: bottiglia incendiaria, bossolo inviato via posta, nei casi più estremi, l’attentato incendiario o dinamitardo. Gli atti di “Rinascita Scott” sono pieni di episodi del genere e gli stessi pentiti hanno raccontato in dibattimento come avvenivano le estorsioni negli anni in cui Vibo veniva messa a ferro e a fuoco dalle ‘ndrine egemoni in città e in provincia. Quello che è accaduto sul cantiere del nuovo ospedale dove la settimana scorsa sono andati in fiamme due camion e un escavatore. Matrice dolosa, mano mafiosa. Nessun dubbio per gli inquirenti che procedono in questo senso. Sul posto per primi quella notte sono arrivate le volanti della Polizia ma le indagini sono seguite dalla Guardia di finanza. Per il momento la Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro osserva l’evoluzione degli eventi e il coordinamento delle indagini resta in capo alla Procura di Vibo  guidata da Camillo Falvo, il magistrato che da sostituto procuratore antimafia ha inferto i colpi più duri alla ‘ndrangheta vibonese avviando la maxi-inchiesta “Rinascita Scott” sotto la supervisione di Nicola Gratteri.

Vertice in Prefettura: verso l’utilizzo dell’esercito

Il grave attentato sui cantieri del nuovo ospedale di Vibo ha riacceso i riflettori dell’Antimafia e delle stesse istituzioni. Mercoledì in Prefettura si riunirà il Comitato per l’ordine e la sicurezza su iniziativa del prefetto Roberta Lulli. Al tavolo siederanno i vertici delle forze dell’ordine. Si discuterà sulle iniziative da assumere per proteggere l’impresa e gli operai da eventuali altri atti intimidatori. Non è escluso l’utilizzo dell’esercito – così come invocato da più parti – per la vigilanza h24 del cantiere così come accaduto per analoghe situazioni per un altro grande appalto, quello per la realizzazione della Trasversale delle Serre. La “militarizzazione” dei cantieri è probabilmente la strada più efficace per permettere all’impresa appaltatrice di proseguire in tutta tranquillità i lavori. Tra l’altro le opere collaterali erano ormai in via di ultimazione dopo gli imprevisti di natura giudiziaria registrati negli ultimi mesi. Una maledizione che sembra essersi abbattuta sul nuovo ospedale.

I “postini” della ‘ndrangheta e i “registi” occulti

Intanto proseguono a ritmo serrato le indagini. Gli inquirenti hanno acquisito le immagini di videosorveglianza presenti in località Cocari nel tentativo di identificare i ”postini” inviati dai clan sul cantiere per recapitare il messaggio estorsivo. C’è un grande interrogativo ancora senza risposta: chi li manda e per conto di chi si stanno muovendo? Rinascita Scott ha “decapitato” i vertici della “vecchia guardia” e delle “nuove leve”. Di sicuro qualcuno ha deciso di rialzare la testa: forse per riaffermare le logiche criminali in una città ripulita dallo “tsunami Gratteri” o forse per il disperato bisogno di soldi per mantenere chi è in carcere o chi si è dato alla macchia. A Vibo però nulla è più come prima: cresce il numero degli imprenditori pronto a denunciare e con esso anche la fiducia nelle istituzioni. Proprio per questo motivo si attende la risposta dello Stato all’arroganza criminale che vorrebbe riportare indietro la lancetta dell’orologio e tornare al far west di qualche anno fa.

La mano dei clan nell’attentato incendiario a Vibo: imprenditore di Catanzaro denuncia tentata estorsione

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