I Quartieri a Gratteri: “RSA, cosa c’è ancora da nascondere?”

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Riportiamo, integralmente, la lettera di Alfredo Serrao – Presidente dell’associazione “I Quartieri” – inviata al Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri.

“La strage di vittime innocenti all’interno delle RSA su tutto il territorio nazionale, impone una riflessione profonda sulla cultura e l’organizzazione di simili strutture socio sanitarie, ma soprattutto ci impone oggi, più di ieri, di scrostare la sporcizia e di fare definitivamente pulizia. Quello che è successo con la pandemia del Covid-19, anche in Calabria giusto per farci mancare nulla, ha soltanto fatto saltare il tappo di una gestione e di un sistema votato soltanto al profitto, dove gli anziani – quelli morti nella solitudine ed avvolti anonimamente in un sudario bianco – erano e sono delle pedine, vittime di una realtà che oggi, in tanti cercano di raccontare in maniera cinese, ossia innalzando una cortina fumogena fatta di tante bugie e di un assoluta mancanza di umano rispetto.

“La strage di vittime innocenti all’interno delle RSA su tutto il territorio nazionale, impone una riflessione profonda sulla cultura e l’organizzazione di simili strutture socio sanitarie, ma soprattutto ci impone oggi, più di ieri, di scrostare la sporcizia e di fare definitivamente pulizia. Quello che è successo con la pandemia del Covid-19, anche in Calabria giusto per farci mancare nulla, ha soltanto fatto saltare il tappo di una gestione e di un sistema votato soltanto al profitto, dove gli anziani – quelli morti nella solitudine ed avvolti anonimamente in un sudario bianco – erano e sono delle pedine, vittime di una realtà che oggi, in tanti cercano di raccontare in maniera cinese, ossia innalzando una cortina fumogena fatta di tante bugie e di un assoluta mancanza di umano rispetto.

C’è una verità quasi incontrovertibile che non può sempre essere imputata a “fantasmi calunniosi”, perché il virus anche in Calabria è entrato nelle RSA quasi sempre, per una colpa ascrivibile al personale interno, per una mancanza di governance dei gestori o peggio ancora, per il solito mancato controllo degli enti preposti. Imprecisioni o omissioni? Saranno certamente le inchieste aperte dalla Magistratura calabrese, come atto di giustizia a chiarire i contorni della faccenda. Non sono stati i parenti a portare il virus nelle strutture RSA in Calabria. E’ stato semmai un sistema malato che non ha voluto proteggere gli anziani.

C’è peraltro un’altra verità, che è storica e che non ha necessità di incrociarsi con la pandemia del Covid-19, quella che in Calabria, nella maggioranza dei casi, le RSA sono assimilabili a penitenziari, neanche tanto dorati, dove la presenza dei parenti – quelli che sono presenti e che hanno coscienza e dignità – è sempre vista come un impedimento. E’ concetto diffuso, molte volte per cattiva abitudine o cattivi insegnamenti, che la “clausola di garanzia”, quella che giustifica il ruolo sanitario delle RSA, debba essere solo una forma di esproprio umano, capace di calpestare con la complicità del sistema, persone, affetti, storie dei singoli, tanto che il distanziamento sociale che oggi è metodo di salvaguardia dal Covid-19, è spesso, molto spesso metodo di esclusione e di sequestro degli anziani nelle RSA in Calabria.

In tutto questo poco servono forme di marketing sanitario estemporaneo, quando la sostanza è quella che emerge con tutto il suo carico di gravità. Tutto quello che si aggrava oggi e che lascia sulla coscienza di tanti, di molti, anche con il camice bianco le tante fosse comuni, le tante carezze non fatte – perché impedite – in ragione di una medicina volutamente votata al silenzio perenne, una forma di blackout illecito che alza un muro, che oggi non è più invalicabile.

In tutto questo la politica calabrese non può continuare a tacere, a volgere lo sguardo da un’altra parte, perché il sistema delle RSA dovrà essere ripensato, dove le strutture dovranno avere i muri di cristallo ed i parenti dovranno avere, in modo legittimo e riconosciuto, un ruolo di confronto e di controllo, ma soprattutto dove le strutture socio sanitarie dovranno avere le caratteristiche riconosciute di sanità, senza continuare a perpetrare al loro interno la reclusione degli anziani e dei tanti operatori, minacciati neanche tanto sottilmente, in un sistema osceno di una nuova forma di caporalato ignobile, con la complicità delle tante sigle sindacali ammesso che ne abbiano cittadinanza.

Oggi l’accertamento delle responsabilità non potrà essere né morbido, né malleabile, perché diversamente tutti dovremo prendere atto che esiste una quarta persona nel mistero della Trinità. Questa sarebbe blasfemia!”

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