“Catanzaro non è una città alla portata dei disabili”

“Oggi mi considero un “esule”, costretto dalla mia condizione ad abbandonare per una necessità di sopravvivenza la mia città, Catanzaro. Vivevo in Via XX Settembre e da qui è iniziato il mio esodo che mi ha portato a vivere a Squillace, un paese accogliente che si concilia con la disabilità, con la mia disabilità ma, a tutto questo resta l’interrogativo: perché?” si legge in una nota di  Franco Barberio, responsabile Welfare-Volontariato Associazione I Quartieri.

Alberto Castagna scrisse un libro sulla città di Catanzaro, “da fora i porti a Bellavista, andata e ritorno”, a me invece, resta l’amarezza nel dovere scrivere non un libro, ma la testimonianza cruda, autentica ed impietosa di una città ostile alla disabilità, alla malattia, nel tragitto non tanto ideale e comunque piccolo, quello che va da Via XX Settembre a Bellavista, andata e ritorno…forse!”

Alberto Castagna scrisse un libro sulla città di Catanzaro, “da fora i porti a Bellavista, andata e ritorno”, a me invece, resta l’amarezza nel dovere scrivere non un libro, ma la testimonianza cruda, autentica ed impietosa di una città ostile alla disabilità, alla malattia, nel tragitto non tanto ideale e comunque piccolo, quello che va da Via XX Settembre a Bellavista, andata e ritorno…forse!”

“In questo pezzo di città che non si definisce periferia è impossibile avere un posto auto personalizzato per disabili. Però – contiua – consentiamo l’esistenza di tanti posti “numerati” per soggetti che non sono disabili o che hanno perso la titolarità. Consentiamo  a qualche privato cittadino di chiudere a suo utilizzo porzioni di suolo pubblico, solo perché presumibilmente amico di qualche ufficiale dei Vigili Urbani (?). Ho conosciuto la burocrazia comunale quella ostile, quella dei documenti infiniti, dei controlli inutili per avere un pass disabili dopo tempi biblici”.

“Scendevo da casa sostando seduto sui muretti in cemento aspettando di poter passare nei vicoli, dove le auto sfrecciano senza alcuna regola o controllo, senza rispetto della condizione umana, ero invece oggetto di sollecito sonoro – con il clacson – per sgombrare la strada! Già dovevo sgombrare, mentre in città le auto parcheggiano regolarmente sui marciapiedi – quelli alti 40 cm (?) – quelli che arrivano fino al Supercinema. Ma, c’è di più, andando in senso contrario sono i carrellati che occupano i marciapiedi, in sostituzione delle autovetture”.

“La sera la situazione non cambi – aggiunge – , la vivibilità per un disabile non migliora in un pezzo di città dove trovare un posto auto pubblico per i disabili è un’impresa, posti sempre occupati ovviamente abusivamente dai tanti avventori dei locali esistenti. Bisogna avere pazienza e mettere in conto che il tempo è a noi ostile, aspettare è l’imperativo, mentre i Vigili Urbani quando vengono chiamati, rispondono sempre di non avere pattuglie disponibili (?)”.

“Lentamente se cercavo di raggiungere Bellavista scendendo a Piazza Roma, i marciapiedi sono sempre occupati dalle automobili, mentre il panorama che l’affaccio della città offre diventa penoso per la presenza di escrementi di animali distribuiti ovunque, con il rischio concreto di scivolare, qualora le mie stampelle incontrassero un regalino animale (sic!) Pensare di andare nella casa comunale, sempre molto lentamente ed accorto risalendo da Piazza Roma, magari per andare dal sindaco Abramo diventa un impresa, la manifestazione concreta dell’inospitalità di questa città e del suo palazzo verso ogni forma di disabilità. Le scale del palazzo sono barriere insormontabile anche per me, troppo alte per le mie stampelle. Decido allora di usare l’ascensore interno e la (non) novità è quello di trovarlo sempre guasto ed inutilizzabile, quindi l’accesso e l’ascolto – che ormai capisco che non c’è – sono per me soltanto un desiderio ovviamente non accolto. Decido di tornare a casa nel percorso inverso, sempre ad ostacoli, fra auto in sosta sui marciapiedi, dissuasori, escrementi diffusi, scale senza scivoli o sampietrini saltati e mi fermo qui!”

“In questo carcere a cielo aperto – scrive Barberio –  visto che solo il cielo è fruibile, non mi resta che andare verso il Duomo, salendo le scale, trovo una chiesa chiusa mentre le panchine della piazza – dove magari recitare una preghiera – fanno bella mostra fra rifiuti, bottiglie di vetro di birra ed una fontana anonima e spenta diventata una brutta pattumiera.  D’altronde pensare di raggiungere altre chiese, nelle vicinanze come quella del Monte di Morti o del Rosario, so già che è un’impresa inutile perché anche queste sono strutture precluse alla mia disabilità e forse anche ad una mia preghiera!

E’ così che dopo due giorni decido di diventare esule, di cambiare città trovando casa a Squillace e trovando un’ospitalità strutturale che la mia città non mi offre. Catanzaro non è la mia città, non è la mia città come disabile, ma nello stesso tempo non può essere che per vivere dobbiamo conoscere le foibe dell’invisibilità. E’ su questa ultima considerazione che ho accolto con entusiasmo ed interesse l’impegno che mi è stato offerto da I QUARTIERI, forse perché il tempo è scaduto e qualcuno dovrebbe riscoprire il valore del silenzio, imparando ad ascoltare ed intervenire concretamente e non solo con i soliti spot, di bassa pubblicità, che non hanno rispetto delle difficoltà di una comunità, dove ogni singolo ne rappresenta l’autenticità e la dignità di ognuno”.

redazione Calabria 7

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