Una relazione sentimentale osteggiata dai suoi parenti, che, per una serie di motivi non hanno accettato la scelta di Chiara Gigliotti di lasciare il marito per rifarsi una nuova vita con un altro uomo, con cui conviveva da due mesi. Una serie di dissidi familiari, alla base del gesto estremo compiuto da Antonio Amato, venticinquenne di Lamezia, che per difendere la sua donna ha tentato di uccidere due cognati di quest’ultima, dopo aver il giorno prima minacciato di investire uno dei due premendo il piede sull’acceleratore della mini cooper (LEGGI). I fatti risalgono al 7 giugno scorso, intorno alle 15, Chiara Gigliotti contatta telefonicamente la cognata del marito Stefania Di Donato per parlarle delle incomprensioni con il coniuge e durante la conversazione quest’ultima le chiede di incontrarla in un bar ubicato nella centralissima Via del Progresso a Lamezia Terme. Lei va all’incontro con il marito Giuseppe Pulicicchio, mentre Gigliotti si presenta in auto con il suo attuale convivente Antonio Amato, che scende dall’auto, impugna una pistola calibro 7,65 con la mano destra, tende il braccio e spara un primo colpo in direzione di Giuseppe Pulicicchio per poi scarrellare l’arma e sparare a vuoto un nuovo colpo in direzione di Stefania Di Donato e infine si dilegua a bordo della sua auto, lasciando perdere le sue tracce.
La caccia all’autore
La caccia all’autore
I carabinieri si mettono subito alla ricerca dell’uomo, sentono a sommarie informazioni tutta una serie di testimoni, la fidanzata Chiara Gigliotti ammette di non essere scesa dalla macchina, limitandosi ad aprire la portiera, in quanto aveva immediatamente notato la presenza di Giuseppe Pulicicchio, marito della Di Donato. Entrambi avrebbero insultato lei e il compagno con parole volgari, fino a quando la conversazione non si chiude con l’allontanamento suo e di Amato. La Polizia giudiziaria ispeziona i luoghi dei fatti, mettendosi alla ricerca dell’indagato, sequestrano la minicooper, l’auto di colore grigio con il tettuccio nero, guidata dall’indagato. Il giorno dopo gli investigatori acquisiscono il filmato registrato dalle telecamere di sorveglianza posizionate nei pressi del bar. Il video non è nitido, ma si notano di spalle due persone identificate poi in Di Donato e Pulicicchio, quest’ultimo appoggiato ad un motorino. Dal lato opposto della strada di fronte a loro, di lì a poco giunge una mini cooper che si ferma al centro della strada e dal lato del conducente si vede scendere un giovane che con la mano destra prende una pistola e la punta su Pulicicchio ad altezza uomo, premendo il grilletto, ma non raggiunge l’obiettivo, scarrella la pistola usando anche la mano sinistra, puntandola questa volta contro la donna, sempre ad altezza uomo, premendo di nuovo il grilletto. La pg sequestra un proiettile calibro 7.65 rimasto inesploso, il quale risulta battuto dal percussore dell’arma.
La denuncia di una delle vittime
E’ stata Stefania Di Donato a presentarsi negli uffici della Stazione dei carabinieri di Lamezia Terme principale per sporgere denuncia, riferendo quanto era successo, affermando che si trovava nei pressi di un bar dove attendeva la cognata Chiara Gigliotti, moglie di Luigi Pulichicchio, fratello del marito, la quale alle 14.58 l’aveva contattata telefonicamente per fissare un appuntamento. Le due donne avrebbero dovuto parlare di quanto accaduto il giorno prima, riferendo che il 6 giugno in via Murat, quando stava accompagnando a piedi la figlia al parco incontra il nuovo fidanzato della Gigliotti, Antonello Amato, che conduceva l’auto in direzione opposta alla sua. Quest’ultimo, appena si accorge della sua presenza, inverte il senso di marcia e la segue, cercando di investirla, ma la donna e la bambina si spostano immediatamente. Di Donato in presenza del marito Giuseppe Pulicicchio, riferisce l’episodio al suocero, il quale si reca a casa della madre di Chiara Gigliotti per chiederle spiegazioni e i due discutono dell’accaduto. Alle 15.05, Giuseppe Pulicicchio riceve una telefonata dall’utenza telefonica di Gigliotti, da parte di Antonello Amato, che gli chiede di presentarsi all’appuntamento insieme alla Di Donato. Alle 15.10 Giuseppe Pulicicchio e Stefania Di Donato si recano insieme nel luogo programmato ad un bar del centro. Dopo circa 20 minuti arrivano a bordo dell’auto con tettuccio nero, Antonello Amato alla guida, Chiara Gigliotti lato passeggero e altre due persone, sedute sui sedili posteriori. Amato ferma l’auto al centro della strada, scende dalla macchina, si dirige verso Pulicicchio e Di Donato, estrae dalla tasca destra dei pantaloni della tuta una pistola e la punta su Di Donato e Pulicicchio, premendo ripetutamente il grilletto, ma i colpi non esplodono. I due, che si trovano a circa quattro metri di distanza da Amato, sentono distintamente il rumore meccanico della pistola e pensano “l’arma si è inceppata”. Subito dopo aver tentato di sparare, Amato rientra subito in auto e scappa in direzione della statale 280. La donna precisa agli inquirenti di aver urlato per paura, attirando l’attenzione di un loro amico presente alla scena, che contatta il 112.
Il gip: “Voleva ucciderli”
Per il gip non ci sono dubbi, Amato ha usato un’arma vera e funzionante, come si ricava dalle dichiarazioni rese da Di Donato e dal ritrovamento da parte della polizia giudiziaria di un proiettile inesploso in corrispondenza del punto in cui si trovava l’indagato. Sussiste il requisito “dell’univocità dei fatti dovendosi ritenere che Amato abbia nell’occasione impiegato la pistola per uccidere Pulicicchio e Di Donato”. Un dato che si ricava dalla circostanza che l’indagato ha “puntato dapprima l’uomo e poi la donna ad una distanza ravvicinata di pochi metri mirando esattamente alle parti vitali delle persone con l’intenzione di ucciderle. L’evento non si è verificato per un casuale guasto sull’arma o sul munizionamento utilizzato come si desume dal gesto repentino dello scarrellamento della pistola al momento dello sparo e dal ritrovamento del proiettile inesploso con segni di percussione all’innesco”. Per il gip sussiste il pericolo di reiterazione del reato, un dato ricavabile dalle modalità con cui si sono svolti gli eventi: Amato tenta di uccidere due persone in pieno centro abitato, un ragazzo che sebbene giovanissimo ha riportato diverse condanne fra cui ben due per porto illegale di armi. “L’indagato se lasciato libero potrebbe riavvicinarsi alle persone offese, ecco perchè la misura cautelare in carcere appare la più adeguata per tutelare le stesse”.