I rifiuti dell’intera provincia di Cosenza nel quadrilatero dei veleni, cittadini insorgono

Crocevia: "Il business dell'ecodistretto non può coinvolgere l'area di Rende già contaminata e dove il tasso di patologie tumorali è allarmante"

“I cittadini e le associazioni ambientaliste rispediscono al mittente – scrive in una nota l’associazione Crocevia – l’ipotesi di realizzare il mega impianto pubblico trattamento rifiuti denominato ecodistretto nel territorio rendese, che pare sia caldeggiata dal sindaco del Comune di Rende Marcello Manna (che riveste anche il ruolo di presidente ATO provinciale rifiuti). Secondo alcune voci il sito in questione potrebbe essere quello dell’area industriale di contrada Lecco a poche centinaia di metri dalle popolose zone urbanizzate di Quattromiglia, Unical, Settimo e dagli altri centri abitati dei comuni limitrofi di Montalto Uffugo, Rose e Castiglione Cosentino. C’è addirittura chi dice che si vorrebbe far passare questa operazione come intervento utile per bonificare il sito contaminato della ex Legnochimica. Se queste notizie dovessero rispondere al vero sarebbe un fatto molto grave, oltre il danno la beffa: un’ipotetica bonifica, portando nello stesso sito o in quello limitrofo i rifiuti dell’intera provincia, in barba a tutti i danni ambientali che la zona ha già subito ed ai numerosi casi di morti per gravi patologie tumorali”.

Il quadrilatero dei veleni

Il quadrilatero dei veleni

“Sull’area contaminata della ex Legnochimica – ricordano gli attivisti di Crocevia – c’è un procedimento penale aperto dalla magistratura per disastro ambientale, andrebbero individuati tutti i responsabili in modo da imporre loro, secondo il principio “chi inquina paga”, non solo la bonifica a norma di legge, ma anche interventi di ripristino e riqualificazione ambientale, realizzando ad esempio un parco pubblico che faccia da polmone verde per l’intera città di Rende, in modo da compensare in parte i gravi danni subiti dai cittadini da oltre 40 anni. Con forza si ribadisce l’assoluta incompatibilità del territorio rendese, dove esiste già un elevato impatto ambientale per la presenza di: un ecodistretto privato ad uso pubblico che tratta oltre 500 tonnellate di rifiuti al giorno provenienti da numerosi comuni della provincia, che sta creando non pochi problemi alla cittadinanza (vedi miasmi, polveri e di recente anche un grave incendio che ha interessato uno dei capannoni della struttura pieno di rifiuti e che ha destato allarme in tutta la cittadinanza (sulla vicenda la procura ha aperto un fascicolo per indagare sulle reali cause e sui possibili danni ambientali); un depuratore consortile dove confluiscono i reflui svariati comuni (già attenzionato dalla Procura per sversamento illegale nel fiume Crati); una centrale a biomasse con immissioni continue in atmosfera; bacini contaminati della ex Legnochimica; un ex inceneritore chiuso per aver causato un grave inquinamento ambientale, al cui interno insiste anche una discarica 2/b dismessa e mai bonificata, a pochi metri dal fiume Crati”.

Il ristagno dell’aria

“L’area industriale in questione con gli anni – denuncia l’associazione Crocevia – è diventata un tutt’uno con le zone fortemente urbanizzate e si trova in un fondovalle umido con inversioni termiche che causano il ristagno dell’aria, dei fumi, degli odori e delle polveri emessi in atmosfera con conseguente forte concentrazione delle sostanze inquinanti. Alle questioni ambientali spesso viene anteposto il forte business e gli appalti che ruotano sui rifiuti; probabilmente qualcuno ha fiutato anche i cospicui finanziamenti milionari che potrebbero arrivare dal recovery plan, altrimenti non si spiega questo accanimento, con continue pressioni mediatiche e pressing per cercare di accaparrarsi a tutti i costi nel proprio territorio, con la scusa dell’emergenza e delle royalty, ogni tipologia di impianto rifiuti, in sfregio del territorio già fortemente compromesso dal punto di vista ambientale. Queste persone non si rendono conto che stanno gettando le basi per trasformare Rende ed i comuni limitrofi come la città di Taranto; già ora le percentuali di patologie tumorali in questo lembo di terra hanno raggiunto cifre allarmanti e tutti fanno finta di niente”.

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