Il Csm, Gratteri e l’ennesima ingiustizia: Campania-Calabria 3-0. La dinastia napoletana continua

Ancora una volta la Procura nazionale antimafia sarà guidata da un campano. Gratteri resta in Calabria e può ribaltarla come un trenino della Lego

Roberti, De Raho, Melillo, sembra lo schieramento della difesa o di un attacco di una formazione di calcio che a pronunciarli di seguito, ad una certa velocità e con tono perentorio, suonano anche molto bene. No. Non si tratta di un trio di giocatori, ma di tre Procuratori campani che nel giro di poco più di un decennio si sono susseguiti alla guida della Procura Nazionale ed Antiterrorismo. Tutti e tre provenienti dalla Campania, ad eccezione di una piccola parentesi reggina per Cafiero, dopo essere stato tanti anni a Napoli. Ancora echeggia nell’aria la famosa sollecitazione, rinvenuta nelle chat di Palamara, da parte dell’onorevole Minniti: “salvate il soldato Cafiero”, all’indomani della bocciatura per Procuratore della Repubblica di Napoli, per promuoverlo a Procuratore Nazionale Antimafia. Il “soldato” ubbidisce ed esegue. In molti casi risponde “comandi, signorsì”.

La vecchia linea del Csm e l’ennesima ingiustizia

La vecchia linea del Csm e l’ennesima ingiustizia

Anche oggi il Csm ha confermato la vecchia linea. Non ha gratificato, anzi non ha promosso, il magistrato che per una vita ha lottato contro la ‘ndrangheta, con sacrifici personali e familiari. Il magistrato più esposto d’Italia. Sebbene i componenti del Consiglio superiore della magistratura abbiano promosso un grande magistrato, l’Italia ed il popolo si aspettava altro. Si aspettava che la carica del più alto ufficio inquirente della nostra Nazione fosse occupato dal simbolo della lotta alla mafia, dal magistrato che ci invidiano tutti i Paesi del mondo. Una bocciatura che non è altro che lo specchio della nostra società. Non ripaga la professionalità e lo spirito di sacrificio, ma l’adesione alle correnti, chiaramente politicizzate. Qualsiasi riforma si faccia, non cambia nulla. Tutto resta o resterà come prima. La sua schiettezza e la non appartenenza a determinati schemi o schieramenti questa volta è stata fatale. Del resto è stato fatto anche con Giovanni Falcone, bocciato quale Procuratore di Palermo per fare spazio ad Antonino Meli. Già bocciato, con il governo Renzi, come Ministro della Giustizia, dal Presidente Napolitano, anche su sollecitazione di qualche “attento” Procuratore, oggi abbiamo assistito all’ennesima ingiustizia. L’unica consolazione è che resta in Calabria. Nella Sua Calabria, con la speranza che possa ancora ribaltarla come un trenino della “lego”. (g.l.)

Colpo di mano del Csm: Melillo preferito a Gratteri come nuovo procuratore nazionale della Dna

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