Il cugino della ‘Ndrangheta per controllare lo spaccio di Milano

il Sentiero del Brigante

Dovevano prendere in eredità la piazza di spaccio dell’hinterland sud di Milano, nei Comuni storicamente controllati dalla ‘Ndrangheta, come Corsico, Buccinasco e Cesano Boscone, dopo che i fratelli Barbaro (Salvatore, Francesco e Antonio) erano stati incarcerati: per questo era stato necessario far venire un “cugino dalla montagna”, cioè dall’Aspromonte, per riprendere il controllo della droga su Milano.

Il ruolo del caln Barbaro-Papala e Luigi Virgara

Il ruolo del caln Barbaro-Papala e Luigi Virgara

L’indagine Quadrato 2 dei carabinieri di Corsico (guidati dal capitano Pasquale Puca e dal tenente Armando Laviola) ha portato alla luce la continuità con cui i clan di origine calabrese sono presenti al Nord e il loro radicamento nel mercato dello stupefacente, che rimane una delle “prime fonti di guadagno”.

In linea con l’operazione Quadrato 1, nella quale i tre fratelli Barbaro erano stati arrestati – mentre un quarto, Giuseppe, assolto – l’inchiesta ha al centro due parenti del clan Barbaro-Papala, originario di Platì, in Calabria: Saverio Barbaro, 31 anni (cugino di secondo grado degli arrestati nella prima tranche) già noto sul territorio perché controllava in particolare la piazza del quartiere Tessera di Cesano Boscone, e un suo parente, Luigi Virgara (45 anni) richiamato dal Sud a presidiare la zona.

Il cugino della montagna

Era proprio lui il “cugino della montagna”: Virgaro, peraltro, per giustificare la sua presenza al nord lavorava come bidello nelle scuole di Corsico e Buccinasco.

Sempre lui – come comparso nelle intercettazioni – a tenere i rapporti con la famiglia d’origine,in particolare con Michele Sergi, che veniva a riscuotere il denaro derivante dallo spaccio per riportarlo in Calabria ad alimentare le altre attività della ‘Ndrangheta.

L’indagine è stata particolarmente complessa poiché tutti gli indagati, la maggior parte di loro con precedenti per stupefacenti, “erano molto accorti” – hanno descritto gli investigatori, coordinati dal pm di Milano, Stefano Amendola, e dal procuratore aggiunto della Dda Alessandra Dolci – e anche solo pedinarli non è stato semplice.

Il depistaggio della ‘Ndrangheta contro i carabnieri

E’ capitato ad esempio che nel corso di un pedinamento un’auto si mettesse di traverso rispetto a quella dei carabinieri, per far perdere loro le tracce; così come molto spesso appartamenti e autovetture venivano “bonificati” dagli appartenenti all’organizzazione per evitare che ci fossero cimici a intercettare le loro conversazioni.

Nel corso dell’indagine, al fine di riscontrare le responsabilità penali dei singoli associati, sono stati operati 7 arresti in flagranza e recuperati circa 1 chili di cocaina, 100 grammi di hashish e 2,5 chili di marijuana.

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