Si era trovato un secondo lavoro Luigi Longo, oltre ad essere infermiere dell’ospedale Pugliese-Ciaccio di Catanzaro, assegnato al reparto di Malattie infettive, effettuata prestazioni a domicilio in nero, utilizzando materiale e apparecchiature del nosocomio. Ma non agiva da solo, con la complicità di Francesco Cropanese, ausiliario specializzato, assegnato al laboratorio analisi della struttura sanitaria, consentiva ai pazienti di accedere alle prestazioni incluse nei livelli di assistenza, nella stragrande maggioranza dei casi, senza registrazione e senza pagare il ticket. Una vicenda durata per mesi, da novembre 2022 a gennaio 2023 e che è costata ai due dipendenti dell’ospedale l’interdizione dal servizio per la durata di 12 mesi.
I nomi dei 9 indagati
I nomi dei 9 indagati
Si tratta di un provvedimento disposto dal gip Arianna Roccia, su richiesta del procuratore aggiunto Giulia Pantano e dei sostituti Stefania Caldarelli e Saverio Sapia, notificato dagli carabinieri della sezione di pg della Procura Repubblica (LEGGI). Nei confronti di entrambi si ipotizzano i reati di peculato e truffa aggravata, cui si aggiunge per Longo anche la falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità. Ma nell’inchiesta della Procura, che da tempo ha puntato i riflettori sulla Sanità a Catanzaro risultano indagate altre 7 persone non raggiunte da alcuna misura interdittiva e destinatarie di prestazioni sanitarie in molti casi gratuite. Sotto inchiesta oltre a Longo e Trapanese, compaiono i nomi di Cesare Curcio, 58 anni, di Catanzaro, Domenico Rubino 49 anni, di Catanzaro, Rosario Bulotta, 56 anni,di Catanzaro, Rosalba Dara 52 anni, di Catanzaro, Gianluca Squillace, 58 anni, di Catanzaro, Anna Maria Gentile, 75 anni, di Fossato Serralta e Andrea Francesco Masi, 56 anni di Catanzaro. Anche nei loro confronti si ipotizzano a vario titolo il peculato e la truffa aggravata.
Il sistema truffaldino
Secondo le ipotesi accusatorie, gli esami inerenti i prelievi ematici e delle urine che l’infermiere effettuava a domicilio, in violazione del regolamento interno ospedaliero, (perché eseguiti in casi non consentiti per legge), venivano poi processati dal laboratorio analisi del Pugliese-Ciaccio e nella maggior parte dei casi non venivano registrati nell’azienda ospedaliera con conseguente danno economico per lo stesso ente, o la registrazione, seppure effettuata, era falsa: i prelievi di sangue e urine non erano stati praticati all’interno del laboratorio analisi, ma al domicilio del paziente, senza prenotazione alcuna.
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