di Sergio Pelaia – Si tratta di due distinte interrogazioni che sono ancora agli atti della Camera e che, direttamente e indirettamente, sono collegate al caso di Rocco Delfino, ritenuto elemento di spicco e “faccendiere” del clan Piromalli nella gestione dei traffici di rifiuti. L’imprenditore è una figura chiave dell’inchiesta “Mala Pigna” ma già in passato era finito al centro di vicende giudiziarie e veniva citato negli atti di sindacato ispettivo presentati dal parlamentare del M5S Giuseppe D’Ippolito per accendere i riflettori sull’“inadeguatezza delle nuove norme in materia di Albo nazionale gestori ambientali per evitare le infiltrazioni mafiose tra le ditte iscritte nel medesimo”.
Le norme “inadeguate”
Le norme “inadeguate”
Le due interrogazioni rivolte al Ministero dell’Ambiente sono datate 28 novembre 2019 e 25 giugno 2020 e il deputato lametino vi aveva inserito un “allarme sulla facilità di iscrizione all’Albo gestori ambientali delle ditte in odore di ’ndrangheta, a causa di norme inadeguate che, anche grazie alla possibilità di intestazioni fittizie, allo stato consentono ad aziende infiltrate o sospette di operare tranquillamente nel settore dei rifiuti e di dominarne il mercato”. Nella seconda, in particolare, viene citato il caso di una delle aziende di Delfino che, benché la prefettura di Reggio “avesse comunicato che alcune società a lui riconducibili erano state sottoposte al provvedimento interdittivo”, aveva trasferito in la propria sede legale nella provincia di Catanzaro senza che l’Utg del capoluogo emettesse provvedimenti antimafia nei suoi confronti, perché nel frattempo il Tar aveva accolto un suo ricorso sospendendo la cancellazione dall’Albo.
Gli intrecci con Pittelli e un colonnello dei carabinieri
Il contenzioso giudiziario era finito anche nei brogliacci dell’inchiesta “Rinascita-Scott” in relazione all’accusa di rivelazione di segreto d’ufficio contestata al colonnello dei carabinieri Giorgio Naselli e, ora, in “Mala Pigna” l’avvocato ed ex parlamentare Giancarlo Pittelli (leggi qui) è accusato di essersi mosso in favore di Delfino nelle vicende giudiziarie riguardanti la revisione del procedimento di prevenzione nei confronti di una società confiscata. Quanto emerge dalle inchieste, secondo D’Ippolito, che è componente della Commissione Ambiente, conferma “la fondatezza e l’attualità spiazzante di quel mio Sos, rimasto inascoltato a livello ministeriale”. Un allarme contenuto in atti parlamentari e rimasto lettera morta di cui ora, come spesso accade, invece della politica si occupa la magistratura.