Il futuro di Gratteri tra Milano e la Dna, giochi di palazzo e di correnti per sbarrargli la strada

Il procuratore di Catanzaro è l’incubo delle “toghe rosse” e degli invisibili della ‘ndrangheta. Dietro le quinte si muovono poteri forti, area grigia e “colletti bianchi” che puntano a disinnescarlo

di Mimmo Famularo – “Non so cosa farò da grande. Non dipenderà da me. Io posso solo fare le domande”. Nicola Gratteri guarda al futuro e il suo futuro sarà inevitabilmente lontano dalla Calabria. “Il mio cuore – ha detto proprio qualche giorno fa – è a Catanzaro ma qui posso stare altri tre anni, poi dovrò trovare una collocazione”. Due le destinazioni gradite: la Procura di Milano dove a novembre andrà in pensione Francesco Greco e la Direzione nazionale antimafia che a febbraio verrà lasciata vacante da Federico Cafiero De Raho. E qui la storia si ripete e sembra molto simile a quella di Giovanni Falcone, ostacolato in vita, osannato dopo la morte. Da chi? Dalle solite correnti interne alla magistratura, più vicine alle regole della politica che a quelle del diritto. Gratteri lo sa bene perché la sua carriera è stata frenata dalla logica delle lottizzazioni che sfavoriscono i magistrati autonomi e indipendenti, non iscritti ad alcuna corrente e non legati a carrozzoni politici. Lo ha raccontato lui stesso citando l’esempio di Reggio Calabria: “Quando ho fatto domanda come procuratore sono arrivato ultimo”. Catanzaro non era invece una procura ambita fino a qualche anno fa e Gratteri è riuscito a spuntarla. Oggi, grazie al grande lavoro sviluppato in questi cinque anni, è una “portaerei” e la corsa alla successione sarà numerosa.

Dove andrà Gratteri?

Dove andrà Gratteri?

Lui ha già annunciato che farà domanda per Milano o per la Direzione nazionale antimafia, le due postazioni più prestigiose che si liberanno nei prossimi mesi. Prestigiose e ambite. I giochi di palazzo e gli interessi delle correnti interne alla magistratura sono i principali nemici del magistrato di Gerace che, come Falcone e Borsellino, rischia di trovarsi la strada sbarrata dopo aver inferto colpi devastanti alla criminalità organizzata. Non è mai stato iscritto ad alcuna corrente e non intende farlo a 63 anni. E’ libero, non ha paura di dire ciò che pensa e lo fa spesso in modo duro e crudo definendosi lui stesso “scostumato” e “irriverente”. Il suo punto di forza è anche il principale punto di debolezza perché al “mainstream” questo essere “politicamente scorretto” non piace. Non piace ai salotti della politica che non ama frequentare al contrario di altri suoi colleghi e neanche a quella parte della magistratura che si sente minacciata dal suo “populismo” giudiziario poco radical-chic ma molto efficace. E qui le paure dei poteri forti, dell’area grigia, dei “colletti bianchi” e delle “toghe rosse” somigliano tanto ai timori degli “invisibili” della ‘ndrangheta annidati nei grattacieli milanesi e nei palazzi del potere sparsi per tutta Italia che vedono in Gratteri il principale nemico da contrastare.

Il risiko delle nomine

Un “fuori posto” incontrollabile e una “mina vagante” da disinnescare prima che sia troppo tardi. Come? Nel modo più elegante. Nel risiko delle nomine chi rischia di rimanere con il cerino in mano è proprio lui, Nicola Gratteri: candidato ideale per rimettere ordine alla Procura di Milano, ma inviso alle “toghe rosse” che non vogliono mollare quella poltrona; candidato perfetto a dirigere la Direzione nazionale antimafia in un frangente storico nel quale la principale minaccia è rappresentata dalla ‘ndrangheta e dalla sua capacità di infiltrarsi ovunque. In entrambi i casi le correnti della magistratura spingono per trovare soluzioni anti-Gratteri. Così a Milano avanza l’ipotesi di Giuseppe Amato, attuale procuratore capo di Bologna mentre per la guida della Dna si fa strada Francesco Lo Voi, in uscita da Palermo e alla ricerca dei voti a sinistra per la spinta decisiva. I maligni tendono a leggere così il rinvio a giudizio chiesto e ottenuto per Salvini sul caso “Open Arms”. Andreotti diceva: a pensare male si fa peccato ma quasi sempre si indovina. Per competenza nella lotta alla ‘ndrangheta e nell’organizzazione di un ufficio di Procura, Gratteri ha pochi rivali in Italia ma la meritocrazia in magistratura è un concetto davvero astratto. L’unica via d’uscita per capovolgere una storia che si ripete spesso sarebbe quello di limitare le correnti. Il copryright è ancora di Gratteri ma a Roma non ci sentono.

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