Il grido dall’allarme dei medici: “Non ce la facciamo più. Di questo passo crolliamo”

"I medici - sottolinea l'Anaao Assomed - non vogliono più lavorare in ospedale perché le condizioni di lavoro non sono più normali"
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“I medici non vogliono più lavorare in ospedale perché le condizioni di lavoro non sono più normali, quella che era una missione è diventata oggi quasi suicida. Cominciamo a contare i decessi e non è ammissibile in una società e in uno Stato costituzionale morire di lavoro, mentre si erogano cure”. Sono le dure parole con cui Pierino Di Silverio, segretario nazionale dell’Anaao Assomed, principale sindacato della dirigenza medica, annuncia durante un punto stampa a Roma lo stato di agitazione della categoria e una stagione di maxi mobilitazione che comincerà a settembre. “Il Covid, complice la sua gestione politica, ha sottratto ai medici la dignità professionale, ha sottratto ai medici quel tempo che appartiene all’essere umano e quella vocazione che li accompagnava nel percorso formativo di laurea e che nel post laurea si è ormai trasformata un incubo”.

La preoccupazione

La preoccupazione

Di Silverio fa riferimento all’ultimo episodio che ha scosso la categoria, la morte del medico dell’ospedale ‘Giannuzzi’ di Manduria, dopo che era in servizio da ore. “Io sono molto preoccupato di non arrivare a fine anno con un sistema sanitario nazionale integro: è una preoccupazione reale che ho”, avverte. E “non può essere questo il destino di una categoria che già ci ha rimesso la salute e la vita per continuare a erogare cure in tutti i modi, non solo in pandemia, ma nel pre-pandemia” e negli intermezzi “della pandemia. “Non possiamo più attendere gli eventi e pretendiamo che i candidati a guidare il Paese abbiano idee chiare, trasparenti, e programmi definiti per salvare un Servizio sanitario pubblico che è in completa disgregazione”.

Il grido dall’allarme: “Non ce la facciamo più”

Quello lanciato da Anaao è un Sos: “Non ce la facciamo più – dice Di Silverio -. Pensate soltanto che il 76% dei medici in questo momento lavora in burnout, in media ogni medico ha 50 giorni di ferie residui di cui non godrà mai, nelle varie regioni ci sono sit-in continui in questo momento per il mancato rispetto della legge sul riposo. Siamo esseri umani prima ancora che medici, e a un certo punto crolliamo. Serve una presa di coscienza. Non è una lotta di classe. Non è più un rischio. Questo è uno stato di emergenza e una questione di salvaguardia della salute di tutti”.

Lanciata una stagione di mobilitazione

Con l’hashtag ‘#prima di votare pensa alla salute’, Anaao Assomed lancia una stagione di mobilitazione per sollecitare le forze politiche a mettere ai primi posti della prossima campagna elettorale la salvaguardia del sistema sanitario pubblico e nazionale e il miglioramento delle condizioni di lavoro dei medici e dirigenti sanitari.

“Persi quasi 21mila specialisti”

Negli ultimi 3 anni, spiega il sindacato in una nota diffusa al termine del punto stampa, il Servizio sanitario nazionale ha perso quasi 21mila medici specialisti. Dal 2019 al 2021 (dati Onaosi) hanno abbandonato l’ospedale 8mila camici bianchi per dimissioni volontarie e 12.645 per pensionamenti, decessi e limitazioni varie. Se il trend dei licenziamenti volontari fosse confermato anche nel triennio successivo, dal 2022-2024 si licenzierebbero altri 9mila medici – prospetta Anaao Assomed – arrivando a una perdita complessiva di 40mila specialisti non sostituibili nell’immediato.

“Cosa propongono i partiti per affrontare e risolvere questi problemi? Fino ad oggi la sanità non è nell’agenda di alcun partito – denuncia Di Silverio – nessuno slogan, nessun post, nessun tweet, nessuna riflessione. In questi due mesi che ci separano dal voto saremo attenti a registrare segnali e sensibilità sui temi da noi proposti, invitando i cittadini a pensare alla salute, propria e dei loro cari, prima di votare”.

Le richieste al nuovo governo

Al governo che verrà Anaao avanzerà una lista di richieste: creare le condizioni perché il lavoro negli ospedali torni ad essere appetibile, assumendo il personale necessario e riducendo così il disagio dei professionisti; aumentare le retribuzioni, anche attraverso politiche di defiscalizzazione già concesse al settore privato e ad alcune categorie del pubblico impiego; portare alla media europea le risorse destinate alla sanità; correre verso un sistema ‘no fault’ dell’atto medico, perché non è accettabile che gli ospedali si trasformino da luoghi di cura a luoghi di procura. (Adnkronos)

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