“Il grido del silenzio” di Bakhita Ranieri

di Antonia Opipari

C’ha preso gusto a scrivere Bakhita Ranieri, l’archeologa calabrese con la passione per la penna che, a poco meno di un anno dall’uscita del suo primo libro L’Olio d’oliva. Tra storia, archeologia e scienza, scritto a quattro mani con il compagno di vita, l’agronomo Thomas Vatrano, presenta un suo nuovo lavoro: Il grido del silenzio edito da Il Cristallo.

C’ha preso gusto a scrivere Bakhita Ranieri, l’archeologa calabrese con la passione per la penna che, a poco meno di un anno dall’uscita del suo primo libro L’Olio d’oliva. Tra storia, archeologia e scienza, scritto a quattro mani con il compagno di vita, l’agronomo Thomas Vatrano, presenta un suo nuovo lavoro: Il grido del silenzio edito da Il Cristallo.

Si tratta di qualcosa di diametralmente opposto al primo e, se vogliamo, assai introspettivo ed affascinante; è un romanzo, è ambientato in un piccolo paesino della Calabria e narra la storia di una famiglia, apparentemente normalissima, al cui interno si muovono dinamiche oscure ed intricate. Leitmotiv di tutto il racconto è il tema della violenza contro le donne, narrata e vista attraverso gli occhi di una bambina.

Hai scelto di scrivere un romanzo ambientato qui e che parla di un argomento tanto attuale come i maltrattamenti nei confronti delle donne; pensi esista un nesso, che possa essere di matrice culturale, un qualche tipo di stereotipo o che so io, tra questa terra e situazioni del genere?

«Credo proprio di no. Purtroppo tutto il mondo è paese e ormai tanti fatti di cronaca di questo tipo rientrano nella quotidianità di notizie date dai vari telegiornali e sembra quasi non ci si faccia più caso. Io mi batto per questa terra perché non mi va più bene che venga descritta ed etichettata negativamente. La Calabria per essere apprezzata va scoperta, valorizzata e vissuta, così da rendersi conto che qui non c’è nulla che corrisponde alle frasi fatte con cui viene questa definita».

Com’è stato entrare nella mente di una bambina?

«In ognuno di noi “alberga un fanciullino” come sosteneva Pascoli, per cui fare un passo indietro non è stato poi così difficile! Mi è bastato calarmi nella parte e provare a pensare e a guardare il mondo con gli occhi dei più piccoli, perché mi capita spesso di stare a contatto con loro e di perdermi nel loro mondo».

Quanto di te c’è nei tuoi libri?

«Tutti gli autori a mio parere, ci mettono del proprio nei loro racconti. Di mio c’è di certo la parte inerente la morale, i consigli alle donne per non farsi sopraffare dalle violenze fisiche e verbali degli uomini, c’è la storia di un’adozione da parte di una persona meravigliosa qual è mia madre e la particolarità del mio nome… ma questo ve lo racconterò, magari un’altra volta che rischio di emozionarmi troppo!».

Stai già pensando a qualche altro romanzo? Dacci un’anticipazione.

«Bèh, l’amore per la scrittura, quest’anno mi ha già portato a terminare due libri. Penso proprio che per il momento possa godermi questi due successi, ma non nascondo il mio desiderio di proseguire magari cimentandomi in altro».

Alla prossima, dunque.

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