Il legame antico e sacro tra Calabria e ulivi nel libro di Ranieri e Vatrano

Un legame antico e “sacro” unisce la Calabria agli alberi d’ulivo. Lo spiegano bene nel loro ultimo libro l’archeologa Bakhita Ranieri e l’agronomo Thomas Vatrano. Il volume “L’olio d’oliva tra storia, archeologia e scienza” è stato presentato dagli autori domenica 16 giugno nella suggestiva cornice del museo di Scolacium, a Borgia. Opera divisa in due parti: la prima, curata da Bakhita Ranieri, evidenzia la realtà storica dell’ulivo fin dall’antichità più remota, con digressioni nella letteratura, negli aspetti simbolici, rituali, di costume e nelle tradizioni; nella seconda, Thomas Vatrano si concentra sull produzione e l’impiego dell’olio in età contemporanea, spaziando nella botanica, nella chimica, nelle pratiche di commercio e nell’arte culinaria. Particolarmente dettagliato il capitolo conclusivo sul germoplasma olivicolo calabrese, con una serie di schede varietali contenenti informazioni sulle aree di coltivazione nonché sulle caratteristiche sensoriali e qualitative dell’olio.

Molto suggestivo, dunque, il ponte di collegamento tra le due sezioni del libro. Dall’olio prodotto e commerciato in Calabria già 3.500 anni fa, come evidenziano le risultanze archeologiche di Broglio di Trebisacce, all’oro verde dei tempi moderni, fulcro e pilastro della dieta mediterranea. Dal sacro albero di Atena, taumaturgico, che guarisce e protegge, alla recente scoperta delle proprietà salutari dei polifenoli, benèfici nella cura di diverse malattie. Fu grazie ai Greci – ricorda Bakhita Ranieri – che l’olivicoltura ebbe la sua massima diffusione nelle fiorenti colonie del Sud Italia e in tutto il Mediterraneo. E di fama eccelsa godettero gli oli di Medma, Terina, Caulonia, Locri e Crotone. Anche i Romani apprezzarono il nostro olio per le sue eccelse virtù. Moltissimi, infatti, gli autori latini citati con le loro opere: Catone e il “De agri cultura”, Varrone e il “Res rusticae”, Columella e il “De re rustica”, Virgilio e le “Georgiche”, Plinio e la “Naturalis Historia”. Un libro, dunque, completo, esaustivo, di facile comprensione, che merita di essere studiato e approfondito in tutte le sue parti.

Molto suggestivo, dunque, il ponte di collegamento tra le due sezioni del libro. Dall’olio prodotto e commerciato in Calabria già 3.500 anni fa, come evidenziano le risultanze archeologiche di Broglio di Trebisacce, all’oro verde dei tempi moderni, fulcro e pilastro della dieta mediterranea. Dal sacro albero di Atena, taumaturgico, che guarisce e protegge, alla recente scoperta delle proprietà salutari dei polifenoli, benèfici nella cura di diverse malattie. Fu grazie ai Greci – ricorda Bakhita Ranieri – che l’olivicoltura ebbe la sua massima diffusione nelle fiorenti colonie del Sud Italia e in tutto il Mediterraneo. E di fama eccelsa godettero gli oli di Medma, Terina, Caulonia, Locri e Crotone. Anche i Romani apprezzarono il nostro olio per le sue eccelse virtù. Moltissimi, infatti, gli autori latini citati con le loro opere: Catone e il “De agri cultura”, Varrone e il “Res rusticae”, Columella e il “De re rustica”, Virgilio e le “Georgiche”, Plinio e la “Naturalis Historia”. Un libro, dunque, completo, esaustivo, di facile comprensione, che merita di essere studiato e approfondito in tutte le sue parti.

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