Un voto a tre che si è trasformato in una sorta di referendum su Nicola Gratteri come quasi sempre accade. Tre ore di discussione dinnanzi al Plenum del Consiglio superiore della Magistratura tra favorevoli e contrari. Alla fine è prevalso il sì alla sua nomina a capo della Procura di Napoli. Tutto secondo copione: eletto alla prima votazione a larga maggioranza con 19 preferenze. Staccati gli altri due candidati: Rosa Volpe, attuale reggente della Procura di Napoli, ha ottenuto otto voti mentre Giuseppe Amato, procuratore antimafia di Bologna, si è fermato a quota cinque.
Chi ha votato per Gratteri?
Chi ha votato per Gratteri?
A sostenere la candidatura di Gratteri la consigliera togata bergamasca di Magistratura Indipendente (la corrente conservatrice) Maria Luisa Mazzola che ha ribadito davanti al Plenum le ragioni per le quali il magistrato di Gerace rappresenta il profilo ideale per proseguire a Napoli l’opera avviata da Giovanni Melillo, ora a capo della Direzione Nazionale Antimafia. Come aveva già fatto in Commissione ha parlato di “modello Catanzaro” da esportare nel capoluogo campano, sede della Procura della Repubblica più grande d’Europa. Per la proposta Gratteri si sono schierati tutti i componenti togati di MI: il sostituto procuratore generale di Cassazione Paola D’Ovidio, i pm Eligio Paolini e Dario Scaletta, i giudici Bernardette Nicotra, Edoardo Cilenti e Maria Vittoria Marchianò. Si è invece spaccata la corrente centrista, ovvero l’Unicost. Il giudice di origini campane Roberto D’Auria è stato il relatore della proposta che sosteneva la candidatura di Giuseppe Amato, ma il calabrese Antonino Laganà si è schierato apertamente e senza alcun dubbio con Nicola Gratteri il quale ha incassato anche il voto dell’indipendente Andrea Mirenda, già giudice del Tribunale di Sorveglianza a Verona: “E’ l’uomo giusto al posto giusto”, ha dichiarato nella sua dichiarazione di voto aggiungendo di voler dare la sua preferenza “a un simbolo della lotta alle mafie”. Un voto quasi scontato visto che Mirenda è da sempre contro il sistema correntizio e Nicola Gratteri rappresenta il profilo ideale del magistrato che non appartiene a correnti e non ha sponsor politici. A suo favore si sono espressi quasi tutti i consiglieri laici del centrodestra: Daniela Bianchedi, indicata da Fratelli d’Italia, ed Ernesto Carbone, uomo di Matteo Renzi, lo avevano già fatto in Commissione. A loro si sono uniti Claudia Eccher, consigliera laica della Lega: “un magistrato moderno” e “un esempio per i ragazzi calabresi, con un percorso di vita e professionale improntato alla legalità e al contrasto alla criminalità”. Per il procuratore di Catanzaro si è schierato anche il vice presidente del Csm Fabio Pinelli: “Pur riconoscendo l’eccezionale curriculum professionale di tutti gli aspiranti alla funzione, la mia dichiarazione di voto sarà a favore del dottore Nicola Gratteri, a cui sarà affidato il difficilissimo compito di fronteggiare la criminalità organizzata con le capacità investigative che ha già mostrato ma anche con quelle organizzative e di coordinamento con tutti gli altri magistrati dell’ufficio nel pieno rispetto dei diritti di libertà e di dignità delle persone che devono essere sempre garantite in una democrazia liberale”. Da quanto si apprende Gratteri avrebbe ricevuto le preferenze degli altri due laici di Fratelli d’Italia, di Michele Papa, espressione del Movimento Cinquestelle, e il voto del procuratore generale di Cassazione Luigi Salvato. La presidente Margherita Cassano ha invece preferito la proposta di Giuseppe Amato
Il “no” delle toghe rosse
Di sicuro non hanno pigiato il tasto verde per votare Nicola Gratteri i componenti togati di Area e Magistratura Democratica, le correnti progressiste. Il consigliere di Cassazione Antonello Cosentino è stato infatti il relatore della proposta che sosteneva Rosa Volpe. A favore di questa candidatura si sono schierati tutti i sei consiglieri di Area: da Tullio Morello, che ha sostenuto la maggiore conoscenza della realtà campana da parte dell’attuale reggente della Procura di Napoli, all’ex procuratore aggiunto di Taranto Maurizio Carbone che ha invece invocato il principio della “continuità” in luogo dell’uomo solo al comando contestando la “gerarchizzazione” dell’ufficio di Procura. Per Volpe si è espresso anche il laico del Pd Roberto Romboli. L’indipendente vicino alle posizioni di Area Roberto Fontana ha invece optato per Giuseppe Amato mostrando scetticismo per “l’attuazione del modello Gratteri in un ufficio di grandi dimensioni e di grande complessità come quello di Napoli” ma precisando che “a Catanzaro può funzionare e ha funzionato”. No a Gratteri anche dalla consigliera togata di Magistratura Democratica, Domenica Miele, già presidente della sezione penale della Corte d’Appello di Napoli, che ha votato per Rosa Volpe vista “la maggiore conoscenza del fenomeno camorristico rispetto a Gratteri”. Un film già visto durante la discussione dell’anno scorso quando il Plenum nominò Giovanni Melillo nuovo procuratore capo della Direzione nazionale antimafia con i voti decisivi delle correnti di sinistra della magistratura. Stavolta l’epilogo è stato diverso e Gratteri è prevalso nettamente senza alcun tiro mancino con la forza delle sue idee e del suo “modello” che trasloca da Catanzaro a Napoli.
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