di Maria Teresa Improta – E’ stato presentato, a Soverato, per l’evento finale del Magna Graecia School in the city, nel cortile del Liceo Opera Salesiana Beato Michele Rua, il mediometraggio “Il Paese interiore”. Una pellicola che rappresenta un viaggio poetico alla scoperta di una Calabria inattesa e metafisica. A promuovere il documentario Gianvito Casadonte, l’ideatore della MG School in the city colpito suo dal potere coinvolgente. “L’opera letteraria di Vito Teti, raccontata da questo giovane regista di grande talento, mi ha emozionato. Mi ha restituito – ha affermato Casadonte – una narrazione chiara, lucida, vera. Un descrivere la realtà con la realtà. Lo riproporrò durante il Magra Graecia Film Festival quando lo presenteremo nel chiostro di San Giovanni all’interno della sezione dedicata ai documentari curata da Antonio Capellupo. Quest’estate, dal 31 luglio all’8 agosto, ci saranno tre proiezioni in contemporanea: nella terrazza di San Giovanni, nel chiostro di San Giovanni e al porto di Catanzaro. Il festival ospiterà le opere prime internazionali, le opere prime italiane e il racconto del reale con il documentario. Il Magna Graecia School in the city è un progetto per illustrare, attraverso il cinema, la vita di uomini che hanno reso grande il nostro Paese che i ragazzi non conoscono e indurli a riflettere. Vito Teti è il nostro più autorevole antropologo. E’ un uomo che è riuscito ad analizzare in maniera straordinaria quello che è avvenuto e continua ad avvenire nei paesi calabresi, lo svuotamento dei borghi per popolare le aree costiere. Un fenomeno che lascia una tristezza profonda. Sono cresciuto a Montepaone, mi sono ritrovato un paio di settimane fa a passeggiare nella via dove vivevano i miei nonni. Vedere che oggi ci sono pochissime persone che la popolano mi ha lasciato un senso di enorme nostalgia. Trasmettere l’importanza del paese alle nuove generazioni è essenziale per invogliarli a scoprire la Calabria e le nostre tradizione. Farlo attraverso l’audiovisivo è più semplice e accattivante”.
Vito Teti: “Racconta l’inquietudine di essere calabrese”
Vito Teti: “Racconta l’inquietudine di essere calabrese”
“Il giovane regista Luca Calvetta – ha spiegato Vito Teti – un giorno si è presentato da me per chiedere un contributo al filmato che aveva strutturato a partire dai miei testi, che poi sarebbero stati letti da Ascanio Celestini. Il suo progetto è quello di guardare la Calabria in maniera poetica, senza pregiudizi, di mostrarla nelle sue ricchezze, nella sua complessità, nelle sue contraddizioni. Aveva scelto alcuni dei miei testi selezionando dei brani in cui parlo di questa mia inquietudine di essere calabrese, di essere qui e di sentirmi altrove, di essere altrove e voler tornare qui. Parlo di figure che scavano per conoscere i luoghi in cui abitano, che si chiedono cosa possano fare per cambiare e migliorare la terra in cui vivono. Che senso ha restare se non quello di rendere più abitabili i territori? Questo comporta un ragionamento di verità, un rapporto con la memoria (individuale e storica). Nel mio caso ha inciso molto il ricordo dell’emigrazione, il rapporto con mio padre che ho conosciuto a otto anni perché lavorava in Canada. Questa Calabria errante, mobile, che si costruisce attorno a parole come lontananza, assenza, nostalgia. Un ruolo delle donne che si improvvisano come figure che debbono guidare la famiglia, che si ‘sostituiscono’ agli uomini. Una storia drammatica, dolente, ma anche epica. La Calabria della fatica, di chi voleva migliorarsi. Da questo punto di vista penso che quello che ha mostrato Luca con le immagini, e che io ho cercato di raccontare nei miei libri, continuii ad avere un’attualità non per costruire il mondo del passato, ma per proiettarci verso un futuro migliore per la terra che amiamo e di cui dobbiamo avere cura”.
Calvetta: “Abbiamo salvato luoghi e storie dall’oblio”
“Conosco la Calabria da quando sono nato perché mio padre è calabrese, ma – ha chiarito il regista Luca Calvetta – non ho mai vissuto qui. L’opera di Vito Teti è stata un pretesto per riscoprire qualcosa che era dentro di me a cui non avevo dato un nome. Con le sue parole poetiche ho riscoperto un luogo interiore e geografico. Mostro dei paesaggi e dei volti che sono dei paesaggi accomunati da storie che stanno sparendo. Quello che abbiamo cercato di fare in questo documentario è salvarli dall’oblio. L’idea è quella di trasmettere la necessità di viaggiare anche quando si sta fermi, non dare per scontato il posto in cui si vive, tornarci anche senza andare via per sceglierlo sempre. In una frase bellissima Tito dice “ogni luogo contiene il mondo”. E’ vero”.