di Carmen Mirarchi – Ceravolo, un ragazzo di 19 anni di Soriano vittima di ‘ndrangheta. Un ragazzo innocente che la criminalità ha portato via alla propria famiglia 7 anni fa, il 25 ottobre del 2012.
La Calabria non dimentica questo giovane che si è trovato in macchina della persona sbagliata nella sera sbagliata. Il padre Martino non si è mai arreso e da allora sollecita le indagini affinché i colpevoli finiscano in manette. Calabria 7 ha raggiunto Martino Ceravolo a Serra San Bruno, dove si trovava nel giorno della festa dei Santi, per ricordare suo figlio e per fare il punto sull’inchiesta.
La Calabria non dimentica questo giovane che si è trovato in macchina della persona sbagliata nella sera sbagliata. Il padre Martino non si è mai arreso e da allora sollecita le indagini affinché i colpevoli finiscano in manette. Calabria 7 ha raggiunto Martino Ceravolo a Serra San Bruno, dove si trovava nel giorno della festa dei Santi, per ricordare suo figlio e per fare il punto sull’inchiesta.
Ecco cosa accade quel maledetto 25 ottobre
A raccontarcelo è Martino Ceravolo che ci parla di una serata come tante altre. Filippo era andato a Pizzoni con la sua ragazza e altri amici, si mette in cerca di un passaggio in quanto la mattina seguente avrebbe dovuto iniziare a lavorare molto presto. Così si ritrova in macchina con Domenico Tassone. Filippo era seduto sul sedile del passeggero, qui lo raggiungono improvvisamente due scariche di fucile. Domenico se la caverà con qualche ferita. Ma era proprio quest’ultimo, il vero obiettivo dell’agguato: Tassone, infatti, è imparentato con il boss Bruno Emanuele, capo di una famiglia del vibonese protagonista di una faida di ‘Ndrangheta. Una vittima innocente della criminalità organizzata in un territorio dove la faida di ‘ndrangheta uccide più che in ogni altra parte del mondo.
Martino Ceravolo: il padre coraggio
Il padre di Filippo non si è mai arreso, anche se due esecutori non sono stati ancora trovati. Lui nel 2014, davanti alla Prefettura di Vibo Valentia si è messo a protestare per chiedere ascolto anche perchè proprio nel 2014, il figlio è stato finalmente riconosciuto come vittima innocente di mafia. Nel 2015 però, viene chiesta l’archiviazione delle indagini sull’omicidio di Filippo Ceravolo da parte della Dda di Catanzaro, vista la mancanza di elementi sufficienti per un vero processo. L’inchiesta viene ufficialmente archiviata nel 2016. La famiglia di Filippo fa di tutto affinché le indagini vengano riaperte. Martino Ceravolo ci spiega però che effettivamente l’inchiesta continua e lui ha fiducia nella giustizia e nel Procuratore Gratteri. E’ certo che le persone che hanno commesso questo brutale omicidio verranno un giorno assicurate alla giustizia e avranno la giusta pena. Ci racconta che la comunità gli è sempre stata accanto senza mai lasciarlo solo. Parla con orgoglio di quel figlio che ha perso ma che è diventato un simbolo. Attraverso l’educazione dei ragazzi, per Ceravolo, si può sconfiggere la criminalità organizzata. “Fottiamoli con la cultura” ci dice Ceravolo citando il Procuratore Gratteri. Sono tante le iniziative anche nelle scuole per ricordare Filippo. Questo ragazzo potevamo essere noi, nostro figlio, un nostro caro. Perché è stata una tagica casualità ad uccidere Filippo, una sera ha chiesto un semplice passaggio e non è più tornato a casa.
Quello che più sorprende è quello che Martino Ceravolo racconta di Domenico Tassone. “Quando mi vede mi guarda male, sono stato minacciato dalla criminalità organizzata ma non ho paura di loro. Io non mi fermo”. Domenico Tassone non è morto perché al suo posto gli assassini hanno colpito un giovane innocente ed ha comunque il coraggio di “guardare male” e minacciare un padre che però non ho paura. Nessuna richiesta di perdono e nessun pentimento da parte di Domenico, ma Martino ci dice: “Non voglio che mi chieda perdono o le sue scuse, voglio che chi ha ucciso mio figlio paghi con il carcere a vita”.
Martino Caravolo si è espresso anche sull’ergastolo ostativo e sulle recenti sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo. “Non conosco la Calabria. Vengano qui a vedere cosa accade. Puniscono i terroristi, dovrebbero guardare ciò che accade in casa loro per comprendere come la criminalità distrugge la comunità”.
Redazione Calabria 7