Arrivano nuovi dati sulla perdita di efficacia del vaccino Pfizer-BioNTech dopo i 90 giorni dalla seconda dose. È la conclusione di uno studio su oltre 80mila persone realizzato in Israele, uno dei primi Paesi del mondo a lanciare la vaccinazione di massa contro il Covid-19 e ad introdurre la terza dose a 5 mesi. Ieri, nel frattempo, è iniziata l’immunizzazione dei bambini dai 5 agli 11 anni d’età. I risultati, pubblicati sul British Medical Journal dall’istituto di ricerca dei Leumit Health Services, evidenziano l’utilità della terza dose booster e forniscono preziose indicazioni sulla tempistica per la somministrazione.
Lo studio
Lo studio
Secondo lo studio, il rischio di contagio per i vaccinati a ciclo completo con Pfizer è 2,37 volte più alto dopo 90-119 giorni, 2,66 volte più alto dopo 120-149 giorni e 2,82 volte più alto oltre i 150 giorni. Analisi condotta su un campione di 80mila persone. Ricerca condotta in un Paese che fin da inizio campagna vaccinale ha mantenuto alti ritmi di somministrazione e quindi, fornire, per primo dati preziosi. Nel caso dello studio pubblicato su Bmj il calo di efficacia di Pfizer fornisce importanti indicazioni sia sulle tempistiche di somministrazione sia sul ruolo fondamentale della terza dose.
Lo studio si basa sull’esame delle cartelle cliniche elettroniche di 83.057 adulti (età media 44 anni). Questi ultimi, tra maggio e settembre sono stati sottoposti a tampone molecolare almeno tre settimane dopo la seconda dose di vaccino e che in precedenza non avevano mai manifestato segni dell’infezione da Sars Cov 2. Dai risultati emerge che 7.973 partecipanti (il 9,6% del totale) è risultato positivo al tampone.