RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO – Sono la figlia di un paziente in cura al Sant’Anna dai primi anni 2000 fino all’ultimo intervento avvenuto nel 2017. È stata un’esperienza che non ho vissuto, credevo di vedere mio padre morto da un giorno all’altro, quando finalmente è arrivata la chiamata dal Sant’Anna.
Abbiamo fissato l’intervento per suo padre tale giorno, erano giorni di preghiera misti a tristezza, angoscia, ma come sono entrata in quell’ospedale ho potuto constatare con i miei occhi che non c’era bisogno di pregare, o di essere angosciati, perché dottori, infermieri, oss, personale delle pulizie chiunque lavorasse in quell’ospedale non tornava a casa se non si accertava che ogni paziente stesse in buone condizioni, personale con un’umanità che io non ho visto in tutti gli ospedali della Calabria e dintorni.
Abbiamo fissato l’intervento per suo padre tale giorno, erano giorni di preghiera misti a tristezza, angoscia, ma come sono entrata in quell’ospedale ho potuto constatare con i miei occhi che non c’era bisogno di pregare, o di essere angosciati, perché dottori, infermieri, oss, personale delle pulizie chiunque lavorasse in quell’ospedale non tornava a casa se non si accertava che ogni paziente stesse in buone condizioni, personale con un’umanità che io non ho visto in tutti gli ospedali della Calabria e dintorni.
Se non ci fosse stato il Sant’Anna io a quest’ora non sarei stata qui a testimoniare, perché mio padre non c’era più, e lo dico con certezza perché abbiamo contattato anche ospedali di altre regioni ma davano priorità ai propri corregionali, il Sant’Anna ospedale d’eccellenza. Il Sant’Anna non deve chiudere, il Sant’Anna deve rimanere aperto per le famiglie del personale, per i pazienti e per le famiglie dei pazienti.