Dallo spaccio, alla droga, all’estorsione, all’usura, il clan degli zingari di Catanzaro riusciva a conseguire enormi profitti utilizzati per le attività legate al funzionamento del clan e in particolare per sostenere i detenuti. Un dato che emerge chiaramente nelle carte della Dda, guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri, che ha portato all’arresto di 62 indagati e in cui vengano riportate una serie di intercettazioni. Domenico Passalacqua, alias Bifaro, trafficando sistematicamente sostanze stupefacenti, poteva contare su una cospicua quantità di denaro e dalle conversazioni telematiche registrate sul suo cellulare il 13 marzo 2019 con Luigi Mancuso, 39 anni di Catanzaro, coinvolto nel traffico di droga con il clan degli zingari e Antonio DeLisi, è emerso un dettaglio di non poco conto: Bifaro voleva rientrare in possesso delle somme prestate a Luigi Mancuso e al padre titolare di un caseificio, per complessivi 74mila euro, perché in quel periodo era preoccupato di essere arrestato.
La paura di finire in carcere
La paura di finire in carcere
Poco tempo prima, infatti, aveva scoperto una telecamera che riprendeva la sua abitazione e riteneva che si trattasse di un’attività di sorveglianza eseguita dalle Forze dell’ordine e da qui il piede sull’acceleratore: Luigi Mancuso avrebbe estinto il debito con Domenico Passalacqua con la vendita di una barca, mentre per quanto riguarda il debito del figlio, Passalacqua gli suggerì di recarsi settimanalmente dal padre per farsi consegnare delle somme in contanti per un importo di mille euro. Non solo Bifaro voleva recuperare i soldi, ma anche Delisi, entrambi avevano il timore di finire in manette, Passalacqua, però rassicura l’amico dicendogli che avevano molta disponibilità economica e che dovevano solo evitare di finire in carcere. “Eh che ora ci arrestano, Tonino mangia, mangia. Ci manca il mangiare là al carrello… dice che fai la fame! Di fame si muore?. E perché lo sto facendo io pure Tonì! E se mi arrestano a me che mi mangio? La merda mia… Non te li metto da parte pure a te? A mano a mano… Tonì ci dobbiamo scansare, che soldi ne abbiamo! Con la pace e salute problemi non ne abbiamo… ohu, che riempiamo il cassone pieno! Che mi esca un cancro” .
“Che i soldi ce li ho… mi posso fare un’altra vita”
Il 16 aprile 2019 è stata captata dal cellulare di Domenico Passalacqua una conversazione in cui lo stesso riferisce alla moglie di avere una disponibilità di denaro pari a 80 mila euro, da utilizzare nel caso lui unitamente ai propri familiari fossero stati arrestati: “ Eh arriviamo noi tutti i soldi uniti a una ottantina di mila euro e se ci combina qualche pasticcio, questo San Cosimo qua sa come cazzo ci combiniamo?! (…) metti che tutta la famiglia… devi avere la disponibilità o devi andare a cercare l’elemosina casa per casa dopo”. Nel corso di un altro dialogo Luciano Bevilacqua ha raccontato che il fratello Massimo si era fortemente lamentato con Mario Gigliotti del comportamento tenuto dagli isolani, manifestando l’intenzione di voler terminare il rapporto di collaborazione tra le due organizzazioni criminali, qualora non fossero stati rispettati gli accordi precisando che il suo clan aveva una forte autonomia finanziaria tale da poter portare avanti le attività illecite: “che io i soldi ce li ho … mi posso fare una vita diversamente, il rispetto lo portiamo e lo vogliamo… però che ci metti contro no”.
“Dobbiamo murare i soldi”
E ancora in un’altra intercettazione riferita ad una conversazione telematica del 22 maggio 2019 Domenico Passalacqua dialoga con la moglie Stefania Bevilacqua e Andrea Schicchitano per stabilire le modalità per nascondere il denaro all’interno della loro abitazione, creando un incavo nel muro della stanza della figlia. Un lavoretto che Scicchitano aveva già fatto per conto dei fratelli Cosimo Passalacqua, alias Scatoletta e Pino, di 36 anni: “venti mila euro avevano là, ogni cinque minuti rompi.. sono costati più i mattoni un altro poco e il cemento che quello che c’era là dentro. (…) devo togliere la distanza… devo togliere la misura della cassetta più il mattone che viene davanti… (…) ogni volta che arrivavo… Scatoletta mi dava cinquanta euro, ogni volta che rompevo… però dove era messa là era sicura non è che era un punto … che ti entra lo sbirro ad occhio dice qua c’è qualcosa”. Ma c’è dell’altro a riprova della forza economica del clan degli zingari: dalle conversazioni tra Giosuele Passalacqua e Antonio Caroleo del 29 marzo 2019 è emerso che le famiglie Passalacqua- Bevilacqua da un parte e degli Abbruzzese dall’altra, in quanto controllori di piazze di spaccio, riuscivano a ricavare 3, 4mila euro al giorno.
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