Il Viminale dovrà spiegare perché nasconde gli atti sulla mancata zona rossa nel Bergamasco

Il Consiglio di Stato emana un'ordinanza nell’ambito dell'iter avviato un anno e mezzo fa dall’AGI con una richiesta di accesso agli atti al Viminale

Il Ministero dell’Interno ha 30 giorni di tempo per chiarire perché non voglia rendere pubblici gli atti sulla base dei quali 400 uomini e donne, tra carabinieri, polizia, guardia di finanza ed esercito, vennero inviati nella Bassa Bergmasca il 5 marzo 2020 e poi ritirati 3 giorni dopo, determinando la mancata ‘zona rossa’ in anticipo sul lockdown nazionale. Un episodio che potrebbe avere contribuito a fare di questo territorio uno dei focolai Covid più micidiali al mondo. Lo dice una nuova ordinanza del Consiglio di Stato nell’ambito di un complesso iter cominciato un anno e mezzo fa dall’AGI con una richiesta di accesso agli atti al Ministero per potere consultare questi documenti.

“Il Governo spieghi quali sono le ragioni di sicurezza nazionale”

“Il Governo spieghi quali sono le ragioni di sicurezza nazionale”

Il Ministero, scrivono i magistrati Michele Corradino, Giulio Veltri, Giovanni Pescatore, Solveig Cogliani ed Ezio Fedullo, “deve rendere documentati chiarimenti entro 30 giorni” sulle ragioni addotte per non svelare le carte e cioè “l’esigenza di secretazione di informazioni concernenti ‘l’aria tecnico-industriale, tecnico-operativa, connessa con la pianificazione, l’impiego e l’addestramento delle forze armate”; le strategie “di contrasto al crimine e di tutela della sicurezza pubblica”; “un’esigenza di riservatezza pur a fronte del considerevole lasso temporale trascorso dall’epoca di interclusione della zona rossa nei Comuni di Nembro e Alzano Lombardo”.

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