di Gabriella Passariello – Negli atti di “Genesi” e “Imponimento”, due inchieste-pilastro, la prima della Dda di Salerno, la seconda della distrettuale Antimafia di Catanzaro, si fa riferimento ad una stessa vicenda giudiziaria che ha come protagonisti l’avvocato Francesco Saraco e il padre Antonio alias “Totò U Cianciu”, considerato vicino alla cosca Gallace-Gallelli di Guardavalle e ai beni sequestrati nell’ambito dell’inchiesta “Itaca free boat”. Fatti che li vedono indagati dalla sola Dda campana per corruzione in atti giudiziari e istigazione alla corruzione in concorso, reati, entrambi aggravati dalle modalità mafiose e sui quali l’aggiunto Luca Masini e il sostituto procuratore della Repubblica campana Maria Benincasa con il visto del procuratore capo Giuseppe Borrelli hanno formulato al gip richiesta di incidente probatorio, per cristallizzare le prove in un futuro dibattimento rispetto a determinate ipotesi di reato, scaturite dalle dichiarazioni confessorie poco chiare e a volte contraddittorie del giudice Marco Petrini.
La tangente a Petrini per il dissequestro del patrimonio di Saraco
La tangente a Petrini per il dissequestro del patrimonio di Saraco
Ipotesi accusatorie che fanno riferimento alla richiesta di revoca della confisca e al dissequestro di un vasto compendio immobiliare del valore di 30milioni di euro, dei conti correnti bancari e delle quote societarie. Non senza chiedere “qualcosa in cambio”. Petrini avrebbe ricevuto dal commercialista Antonio Claudio Schiavone, su mandato dell’avvocato Francesco Saraco, e alla presenza del medico Emilio Santoro detto Mario, (entrambi indagati in Genesi) all’interno dell’ascensore della sua abitazione, la somma in contanti di 10mila euro. Si sarebbe assunto l’impegno di interferire nelle decisioni dei colleghi del collegio giudicante della Corte di appello per assicurare la forte riduzione previa esclusione del delitto associativo, delle pene inflitte in primo grado ad Antonio Saraco e Maurizio Gallelli nell’ambito del procedimento Itaca free Boat. Francesco Saraco, in base a quanto riportato nella richiesta di incidente probatorio, avrebbe consegnato nel febbraio 2019 a Santoro una busta di colore bianco contenente denaro destinato a Petrini, che avrebbe ricevuto una somma non quantificata, ma consistente in una pluralità di banconote di 50 euro. In data 14 marzo dello stesso anno, avrebbe percepito l’ulteriore somma di 500 euro che provvedeva a versare subito dopo sul proprio conte corrente e successivamente ulteriori regalie da Luigi Falzetta e da Santoro: almeno sei casse di vino, una cassetta di arance e un’altra di polisterolo con del pesce, recapitati unitamente ad un messaggio scritto da Francesco Saraco. Petrini avrebbe accettato da Santoro, definito l’emissario dei Saraco, la promessa di centomila euro per la quale il figlio di Antonio Saraco emetteva l’assegno bancario a titolo di garanzia del pagamento della somma a nome di Marco Petrini.
Imponimento e l’intercettazione tra Saraco e gli Anello
La vicenda del sequestro di Antonio Saraco viene riportata anche nelle carte di Imponimento, l’inchiesta della Dda di Catanzaro, guidata dal procuratore capo Nicola Gratteri contro il clan Anello di Filadelfia. Nel carteggio viene trascritta una conversazione intercettata tra Antonio Saraco, i fratelli Anello, Rocco e Tommaso e il commerciante Franco Novembre. I quattro parlano del sequestro della Guardia di finanza legato ad Itaca free boat e Saraco riferisce della richiesta di annullamento del sequestro. “Qua hanno fatto un gioco questi bastardi della Finanza. Prima hanno chiesto le carte dall’85 al 2013. Loro avevano le carte di dieci anni prima. Una volta l’hanno fatta nell’86. L’hanno fatta parlando con loro i carabinieri. Due anni hanno accertato. (…) Il fatto non sussiste e senza che sequestrano. Due anni sono andati casa per casa per vedere quanto ho pagato gli appartamenti. Però che succedeva, giacchè all’epoca avevo fatto il condono, ora con la nuova normativa i condoni non valgono. Se glieli porti scappi dal tuono e ti fottono da un’altra parte . Allora hai evaso. E non valgono più questi qua… Ho dovuto portargli tutte le carte legali anche se avevo le sentenze di prima”. Dal tenore della conversazione trapela il profondo risentimento da parte di Antonio Saraco nei confronti dei militari della Guardia di finanza che avevano operato il sequestro, ipotizzando “atti ritorsivi nei loro confronti”, mentre volano parole grosse contro Gratteri. “Mi dovete credere che ho tutto dimostrabile, ho quattro milioni di euro per la tracciabilità…Cazzo… fanno quello che vogliono qua”.
Gli insulti a Gratteri: “Un cane di mandria”
E nella conversazione intercettata si sente una persona parlare di Gratteri: “Ora è arrivato questo cane di mandria qua”. Poi il dialogo continua con Antonio Saraco che afferma: “Questi fanno quello che vogliono (la Finanza ndr) . Bastardi di merda. Io ho un figlio che è commercialista e allora voleva attaccarli per bruciarli (sui giornali ndr) perché sia a Roma che al Nord è piazzato… presidente dell’Anas a Roma… e voleva attaccarli per bruciarli. Gli ho detto stai calmo, vediamo prima cosa fanno. Se fanno ancora abusi poi dopo si vede. Ma penso di no perché ormai l’hanno capita. Qua non si sa come va a finire. La Calabria è rovinata. Uno sapete che dovrebbe fare come cogghia u mi zzicca nta’ na giarra sutta terra”.