Nuova udienza del processo “Imponimento” nell’aula bunker di Lamezia Terme nei confronti di 77 imputati che hanno scelto di essere giudicati con rito ordinario dinanzi al Tribunale collegiale di Lamezia Terme (presidente Angelina Silvestri, a latere Adele Foresta e Domenico Riccio). Al centro dell’udienza la formulazione delle questioni preliminari poste dal nutrito collegio difensivo. In apertura di udienza è intervenuto l’avvocato Pino Zofrea, presidente della Camera Penale di Lamezia Terme, che, nell’augurare buon lavoro al collegio e alle parti processuali, ha inteso ringraziare i giudici per avere concesso che all’udienza di oggi potessero partecipare gli iscritti al corso per difensori d’ufficio, tenuto dalla Camera Penale lametina, per i quali la stessa ha rappresentato una lezione pratica di alto spessore “che contribuirà certamente alla formazione della nuova generazione di “difensori d’ufficio”.
L’incompetenza territoriale
L’incompetenza territoriale
Ha poi preso la parola l’avvocato Aldo Ferraro, nell’interesse di Angelo Sgrò, per reiterare l’eccezione di incompetenza territoriale del gup di Catanzaro a giudicare il suo assistito, cui viene contestato un reato che non rientrerebbe nella competenza della Procura di Catanzaro, né di conseguenza del gup distrettuale, non essendo contestata alcuna aggravante speciale per giustificare la celebrazione di un processo che avrebbe dovuto celebrarsi, in udienza preliminare, a Lamezia Terme. L’avvocato Ferraro ha posto l’accento sul fatto che il rimedio della Procura, che proprio all’udienza preliminare aveva modificato l’imputazione così da radicare a quel punto la competenza a Catanzaro, era da ritenersi tardivo perché avvenuto a processo in corso, quando ormai il vizio si era cristallizzato, non rientrando tra i poteri del pm la individuazione del giudice naturale, che deve essere precostituito per legge rispetto allo stesso processo. L’avvocato Giuseppe Bagnato ha poi posto la questione di incompetenza per territorio rispetto ai suoi assistiti, rilevando che i fatti loro contestati risultano commessi nel comprensorio del Tribunale di Vibo Valentia, a maggior ragione considerando che l’aggravante dell’agevolazione mafiosa contestata si riferisce a cosche del Vibonese, e non a quella degli Anello-Fruci.
Gli avvocati di Stillitani: “Nullo il decreto di rinvio a giudizio”
L’avvocato Andreano per Stillitani unitamente all’avvocato Verri, hanno poi eccepito la nullità del decreto dispositivo del giudizio per indeterminatezza dei capi di imputazione, non essendo concretamente individuate le condotte contestate ai loro assistiti. Analoga questione è stata sollevata dagli avvocati Vonella, Vecchio e Mazzotta, che hanno rilevato come la indeterminatezza e la genericità delle accuse rivolte ai loro assistiti avrebbe leso il diritto di difesa non essendosi potuti difendere su fatti specifici. Molti altri difensori hanno depositato altrettante memorie per sollevare ulteriori questioni preliminari, di cui i pubblici ministeri presenti in aula (Antonio De Bernardo e Chiara Bonfadini) hanno chiesto il rigetto rilevando che i capi di imputazione risultano contenere l’indicazione degli elementi essenziali dei reati contestati, dovendo invece il processo accertare analiticamente i fatti contestati, e che la competenza territoriale era stata correttamente individuata dall’ufficio di Procura sulla scorta della complessiva impostazione, che vedrebbe tutti i reati “attratti” dal reato associativo, che fondava la competenza di quell’ufficio distrettuale e del gup di Catanzaro. Il Tribunale ha quindi rinviato il processo all’udienza dell’otto ottobre per decidere sulle eccezioni preliminari sollevate oggi, nonché all’esito per la formulazione delle richieste di prova delle parti.
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