A un mese dal varo dell’apposito decreto del governo Draghi, da oggi 15 ottobre entra in vigore l’obbligo del Green pass vaccinale per lavorare. Dovranno esibirlo, su richiesta, 14,6 milioni di dipendenti privati, 3,2 milioni di dipendenti pubblici e 4,9 milioni di lavoratori autonomi. Quindi una platea di 23 milioni di persone. La misura sarà in vigore fino al 31 dicembre 2021 e arriva quando la grande maggioranza dei cittadini già dispone del documento sul proprio telefonino oppure in forma cartacea. Da oggi in poi, dunque, il mondo del lavoro deve fare i conti con alcune ragionevoli certezze. Il provvedimento rischia di creare non pochi problemi anche al comparto del commercio, della ristorazione e delle strutture ricettive, dove non mancano dipendenti senza “certificato verde”. In Calabria c’è anche chi teme di esporsi pubblicamente per paura di andare incontro a problemi con la propria clientela: diversi imprenditori catanzaresi hanno scelto di schivare le nostre telecamere accompagnando l’operatore fuori dal negozio per paura di andare incontro a problemi con la propria clientela. Un tema delicato, quello del Green Pass obbligatorio, che contribuisce certamente a scoperchiare altri quesiti di scottante attualità.
Il paradosso dei lavoratori in nero
Il paradosso dei lavoratori in nero
Come avverranno i controlli in quei settori in cui è più facile evadere le imposte sul reddito? Al Sud, secondo i dati di un recente studio, si registra il 17,9% del tasso di irregolarità. Nel caso specifico della Calabria, questo dato sale al 22%. Il rischio per lo Stato, dunque, è quello di generare l’ennesimo incredibile paradosso. Se molti titolari di attività non hanno il “buon senso” di registrare i propri dipendenti, per quale motivo dovrebbero essere stimolati a controllare la loro certificazione verde? Sembra soltanto il preludio di un clima di grande caos e incertezza, come già scritto in precedenza. Ma torniamo a Catanzaro, dove il provvedimento divide gli imprenditori. C’è chi, ovviamente, si pone in maniera favorevole: “Se devo andare incontro a sanzioni evitabili, cerco di rispettare la legge – ci dice il responsabile di un negozio di giocattoli per bambini – Ho ricevuto la doppia dose del vaccino e con me anche i miei dipendenti. Cercare di dribblare la legge assumendo lavoratori in nero è assolutamente rischioso, anche per tutti coloro che entrano nel locale”.
“Credo sia una decisione giusta, quando mesi fa abbiamo adottato queste misure spesso siamo stati costretti a rimandare indietro le persone non vaccinate – sostiene invece il titolare di un pub -. E’ giusto che anche gli altri si vaccinino. Un mio barman non voleva vaccinarsi, però mi ha assicurato che vorrebbe sottoporsi a continui tamponi per venire a lavoro. In caso contrario, difficilmente potrebbe svolgere la sua attività qui”.
“Una imposizione vera e propria”
Nella mappa diversificata delle reazioni all’obbligo, c’è anche chi esprime il proprio disappunto: “Non sono molto d’accordo con l’obbligo del certificato perché in questo modo vaccinarsi diventa una imposizione – afferma un ristoratore -. È giusto che chi non ha il green pass possa lavorare tranquillamente sottoponendosi continuamente ai tamponi. Magari lo Stato – aggiunge – potrebbe tutelare chi ha scelto di non ottenere il green pass prevedendo agevolazioni e costi minimi per tamponi”. (an.bat.)