Gli sbarchi di migranti che da anni avvengono lungo le coste della provincia di Crotone, spesso ancora incontaminate o addirittura protette coma la Riserva marina di Capo Rizzuto che è una delle più estese d’Italia, stanno provocando un ‘danno collaterale’: le cosiddette ‘carrette del mare’, dopo aver trasportato il loro carico di disperati in cerca di futuro, una volta giunte in prossimità della riva restano abbandonate per anni a pochi passi dalla battigia, incagliate tra gli scogli o insabbiate nei bassi fondali. Il danno, oltre che paesaggistico, è ambientale dal momento che le imbarcazioni disperdono in mare oli, carburanti, plastiche e altri materiali inquinanti. Un paradosso se si pensa che gran parte di quella costa ricade nell’Area marina protetta nella quale è interdetta ogni tipo di attività umana. Allo stato attuale, secondo una ricognizione effettuata dal bisettimanale locale ‘il Crotonese’, i relitti abbandonati fra Crotone e Isola Capo Rizzuto sono dieci: a Capo Cimiti è presente da oltre 10 anni una barca a vela ormai distrutta dalle intemperie ma i cui resti inquinano la zona A della Riserva marina; un’altra imbarcazione si trova in località Campione da oltre 4 anni.
Ancora a Capo Cimiti è ben visibile il motopeschereccio arrivato il 3 novembre scorso con 161 migranti a bordo, mentre poco distante c’è anche una barca a vela; spostandosi più a sud, a Le Cannella di Isola Capo Rizzuto si possono ammirare due barche a vela, una delle quali arrivata il 3 novembre scorso, teatro del coraggioso soccorso dei migranti da parte delle forze dell’ordine. A Sovereto ci sono altre due imbarcazioni: una arenatasi il 6 novembre ed un’altra che è lì da 5 anni. Dal punto di vista giuridico, stabilire quale sia l’autorità competente alla rimozione o alla demolizione delle imbarcazioni è alquanto complesso. Se dallo sbarco scaturisce un procedimento penale, viene disposto il sequestro del natante che tuttavia deve successivamente essere tramutato in confisca al momento della sentenza. Solo in quel momento la pratica, tramite prefettura, passa all’Agenzia delle dogane che si occupa a sue spese dello smaltimento. Tuttavia questo accade ormai di rado: a causa delle difficoltà tecniche e finanziarie, le barche non vengono sequestrate per evitare che si debba svolgere l’operazione di traino. E anche in caso di sentenze di condanna contro gli scafisti nulla viene disposto in relazione al natante che, oltretutto, terminato il processo non serve più come elemento di prova. Le imbarcazioni, così, restano in balia delle onde.
Ancora a Capo Cimiti è ben visibile il motopeschereccio arrivato il 3 novembre scorso con 161 migranti a bordo, mentre poco distante c’è anche una barca a vela; spostandosi più a sud, a Le Cannella di Isola Capo Rizzuto si possono ammirare due barche a vela, una delle quali arrivata il 3 novembre scorso, teatro del coraggioso soccorso dei migranti da parte delle forze dell’ordine. A Sovereto ci sono altre due imbarcazioni: una arenatasi il 6 novembre ed un’altra che è lì da 5 anni. Dal punto di vista giuridico, stabilire quale sia l’autorità competente alla rimozione o alla demolizione delle imbarcazioni è alquanto complesso. Se dallo sbarco scaturisce un procedimento penale, viene disposto il sequestro del natante che tuttavia deve successivamente essere tramutato in confisca al momento della sentenza. Solo in quel momento la pratica, tramite prefettura, passa all’Agenzia delle dogane che si occupa a sue spese dello smaltimento. Tuttavia questo accade ormai di rado: a causa delle difficoltà tecniche e finanziarie, le barche non vengono sequestrate per evitare che si debba svolgere l’operazione di traino. E anche in caso di sentenze di condanna contro gli scafisti nulla viene disposto in relazione al natante che, oltretutto, terminato il processo non serve più come elemento di prova. Le imbarcazioni, così, restano in balia delle onde.