In manette il braccio di fuoco del clan Crea, gli inquirenti: “Disponibilità di armi inquietante”

Il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri: "Affiliati pronti ‘a dare soddisfazione’ ai loro capi in carcere”
'ndrangheta bombardieri

E’ un quadro a tinte fosche quello delineato dalle Procure distrettuali di Ancona e Reggio Calabria, che ha portato all’arresto di quattro persone legate alla cosca mafiosa Crea di Rizziconi, tre dei quali fortemente indiziati di essere gli esecutori materiali dell’omicidio di Marcello Bruzzese, avvenuto a Pesaro il giorno di Natale del 2018. I carabinieri del Ros ritengoini di avere individuato quello che può definirsi come il “gruppo di fuoco” della cosca Crea di Rizziconi, un piccolo comune della Piana di Gioia Tauro, “sempre pronti – ha detto il capo della Procura di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri – ‘a dare soddisfazione’ ai loro capi in carcere”. Ak 47, esplosivi ad alto potenziale, secondo quanto riferito in conferenza stampa dagli inquirenti al comando provinciale dei carabinieri di Reggio Calabria, e persino un bazooka non ancora ritrovato, “certificano – ha detto il Procuratore aggiunto Gaetano Paci – la pericolosità di questo gruppo mafioso. Da alcune conversazioni – ha detto Paci – abbiamo appreso che il gruppo criminale aveva intenzione di attaccare una vettura blindata, ed abbiamo ragione di credere che stessero per organizzare un attentato eclatante”.

Il clan Crea di Rizziconi

Il clan Crea di Rizziconi

Ma chi sono i Crea di Rizziconi? Il capostipite Teodoro Crea, oggi detenuto, che si muove in carrozzella per motivi di salute, fu arrestato dalla squadra mobile di Reggio Calabria il 3 luglio del 2006 durante la latitanza. Teodoro ‘Toro’ Crea stava partecipando ad un incontro conviviale in una masseria di Castellace di proprietà dei Mammoliti-Rugolo, forse per dirimere questioni di ‘interesse’ per la spartizione di tangenti provento di lavori pubblici eseguiti dai generi – Antonino Princi e Vincenzo Romeo – di Domenico ‘Mico’ Rugolo, nel territorio comandato dai Crea. L’arresto di Teodoro Crea fu seguito da una serie di attentati e fatti di sangue, alcuni in via di accertamento: il 26 aprile del 2008 a Gioia Tauro, una bomba telecomandata fu fatta esplodere sotto la Mercedes di Antonino Princi, imprenditore edile, che morirà successivamente in ospedale dopo un mese di agonia. Vincenzo Romeo, anch’egli con interessi negli appalti pubblici, imprenditore edile, anch’egli genero di ‘Mico’ Rugolo, scampò ben due volte al fuoco dei killer, mai individuati.Ben più feroce l’omicidio del diciottenne Francesco Inzitari, figlio di Pasquale, uno dei più noti imprenditori calabresi della grande distribuzione, cognato di Antonino Princi. Il cinque dicembre del 2009, appena uscito da una pizzeria a Taurianova, fu ucciso con dieci colpi di pistola al viso. Un delitto ‘trasversale’, dissero gli inquirenti, vittima un ragazzo ucciso per le sue parentele.

Una lunga scia di sangue

Ma gli episodi sanguinosi continuarono, quando i killer della ndrangheta attentarono nel 2017 alla vita di Pasqualino Inzitari, il papà di Francesco, mentre si trovava a Corigliano per lavoro.«Se c’è qualcuno realmente che sa, ci faccia sapere qualcosa – fece appello allora Maria Princi all’Avvenire. E’ vero che c’è la Giustizia divina – disse ancora – però io ho fermamente bisogno di quella terrena. Vorrei guadare in faccia chi ha ucciso mio figlio e chiedergli perché l’ha fatto. Poi tutto il resto non conta e indietro non si può tornare”. Nel mirino della cosca Crea, nel tempo, sono anche finiti l’ex sindaco di Rizziconi Nino Bartuccio, l’imprenditore Nino De Masi, il giornalista Michele Albanese, tutt’ora scortati per avere denunciato, o scritto, sulle malefatte del clan, confermate dalla testimonianza del collaboratore di giustizia Girolamo Bruzzese e da una recente sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria. Il cui fratello di Girolamo Bruzzese, Marcello, fu assassinato per ritorsione a Pesaro il 25 dicembre del 2018. Gli inquirenti sono certi di essere riusciti a individuare e bloccare i killer: Rocco Versace, Michelangelo Tripodi e Francesco Candiloro, uomini fidati di Teodoro Crea.

L’omicidio Bruzzese

Marcello Bruzzese, cinquantunenne calabrese di Rizziconi, fu ucciso in una strada angusta a pochi passi dal centro storico di Pesaro: erano le 16 del 25 dicembre 2018. Secondo i testimoni, fu un agguato velocissimo. Due killer, a volto coperto, attesero che la vittima entrasse nel garage sotto casa e lo freddarono usando pistole automatiche: la scientifica trovò a terra una trentina di bossoli calibro 9, la metà dei quali andarono a segno. Bruzzese non ebbe tempo nemmeno di rendersi conto di quanto stava succedendo, evidentemente non si aspettava di essere nuovamente oggetto della vendetta della ‘Ndrangheta, dopo che nel luglio del 1995, a Cittanova (Reggio Calabria), allora 28enne rimase gravemente ferito allo stomaco in un agguato che costò la vita al padre Domenico, braccio destro di Teodoro Crea, il potentissimo boss di Rizziconi, e al marito di una sorella, Antonio Madaferri. Girolamo Biagio Bruzzese, fratello di Marcello, nel 2003 sparò un colpo in testa proprio a Teodoro Crea: credendolo morto, si consegnò alla polizia, ma il boss riuscì a salvarsi e a Girolamo non restò altro che diventare collaboratore di giustizia per farsi proteggere. Per gli inquirenti, dunque, l’omicidio di Pesaro fu una vendetta trasversale, nell’interesse della Cosca Crea, della quale Girolamo Biagio Bruzzese svelò interessi e intrecci. In tre anni d’inchiesta, infatti, non sono emerse relazioni tra i killer e Marcello Bruzzese, che nel 2008 già abitò per un breve periodo a Pesaro, per poi trasferirsi in Francia. Nella cittadina marchigiana tornò nel 2015, insieme alla moglie e ai due figli. Non aveva cambiato nome, tanto da stamparlo anche sul citofono di casa e a renderlo facilmente rintracciabile, faceva una vita riservata, potendo godere di una protezione.

Tre anni di indagini

Bazooka, armi da guerra ed esplosivo per fare esplodere un’autovettura blindata. Sono questi, insieme al pericolo di fuga, gli indizi che hanno convinto gli investigatori a mettere fine prematuramente a tre anni di indagine ed eseguire i fermi prima che i progetti criminali si concretizzassero. Lo hanno spiegato oggi durante la conferenza stampa tenuta nella sede del comando provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria il procuratore capo Giovanni Bombardieri e il procuratore aggiunto Calogero Gaetano Paci. Il procuratore Bombardieri ha parlato della”attualità di progetti omicidiari, di attentati gravissimi in capo a soggetti riferibili alla cosca Crea” e di un “preoccupatissimo quadro di indagine che vede attualmente soggetti riferibili alla cosca Crea alle prese con progetti omicidiari”. Gli investigatori hanno utilizzato comunicazioni oggetto di indagine e riscontri che fanno riferimento al reperimento di ordigni esplosivi, armi micidiali come bazooka, disponibilità di queste armi micidiali. “Il dato certo – ha detto Bombardieri – è la pericolosità di soggetti che interloquivano in ordine a progettazione di attentati omicidiari. Alcune ricostruzioni relative ai progetti omicidiari fanno riferimento alla sentenza della Corte d’appello di Reggio Calabria che ha confermato condanne in secondo grado per alcuni componenti apicali della cosca Crea e ribaltato l’assoluzione per uno”. Quanto all’esplosivo, sarebbe stato reperito in paesi dell’area balcanica, grazie all’interessamento di un personaggio latitante in Spagna, arrestato recentemente per scontare 15 anni per traffico di stupefacenti.

Il pentito Bruzzese

La collaborazione di Girolamo Fabio Bruzzese, iniziata nel 2003, è stata “devastante per la famiglia Crea, perché da qui sono iniziate le indagini, i conseguenti processi e le condanne: oggi sono molti degli appartenenti al clan sono detenuti in carcere e la cosca è in una fase di riorganizzazione”. Lo ha detto il comandante del Ros, generale Pasquale Angelosanto, parlando con i giornalisti dei motivi che hanno portato, il giorno di Natale del 2018, all’omicidio a Pesaro di Marcello Bruzzese, fratello del pentito di ‘ndrangheta, per il quale oggi sono state fermate 4 persone. “L’omicidio di un familiare di un collaboratore, sistemato in una località protetta – ha spiegato Angelosanto – riafferma la potenza dell’organizzazione, benché i vertici siano detenuti, e costituisce un deterrente per le eventuali e future collaborazioni che mettono in crisi l’assetto mafioso”. “È stata un’indagine straordinaria da un punto di vista operativo, è durata molto, ma è stato necessario ricostruire tutto e assicurare alla giustizia i tre ritenuti esecutori e un quarto soggetto”. Lo ha detto il colonnello Luciano Ricciardi, fino a ieri comandante dei carabinieri di Pesaro-Urbino, parlando con i giornalisti dell’operazione delle procure antimafia di Reggio Calabria e Ancona, che ha portato al fermo di 4 persone coinvolte nell’omicidio di Marcello Bruzzese, fratello del collaboratore di giustizia Girolamo Fabio, avvenuto a Pesaro il 25 dicembre 2018. “Il nucleo investigativo dei Carabinieri – ha sottolineato Ricciardi – ha affiancato il Ros nelle indagini con tutto il supporto del caso”.

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