Sono 7.783 i procedimenti penali pendenti dinanzi alla Corte d’Appello del Distretto giudiziario di Reggio Calabria, di cui 197 di Direzione distrettuale antimafia, 27 dei quali con un numero maggiore di dieci imputati. Processi, come paventa il presidente della Corte d’Appello facente funzione, Bruno Muscolo, “che con l’istituto dell’improcedibilità, che pare essere sorto in ragione della inoperatività della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, trova la sua ratio quale unico rimedio per evitare il “fine processo mai”, e però – aggiunge – se si considerano le gravi ed allarmanti carenze di organico registrate negli uffici di secondo grado e, in particolare, in questa Corte d’Appello, gli effetti di questo istituto possono essere dirompenti, nel senso che potranno sopravvenire numerose pronunzie di improcedibilità per l’obiettiva impossibilità di celebrare i giudizi nei termini stabiliti”.
“L’accresciuto pericolo” della ‘ndrangheta”
“L’accresciuto pericolo” della ‘ndrangheta”
Sono infatti 23 i giudici d’Appello in servizio, compreso il Presidente, rispetto ai 40 previsti dall’organico, “posti regolarmente banditi e rimasti vuoti, ed è indubitabile che l’anno in corso registrerà profondi cambiamenti nel sistema giudiziario, anche in virtù della cosiddetta riforma “Cartabia”, che inciderà sul modo di intendere la giurisdizione”. Bruno Muscolo, che in atto presiede il Collegio del processo Ndrangheta stragista, ha rimarcato “l’accresciuto pericolo” della ‘ndrangheta, la capacità di infiltrare i pubblici poteri, nonostante “l’impegno delle forze di polizia nelle azioni di prevenzione e di contrasto”.
“Una situazione disastrosa”
Il presidente facente funzione, inoltre, ha posto in evidenza “le sopravvenienze mai diminuite, piuttosto incrementate in ragione di cronica carenza di organico, della sezione delle Misure di Prevenzione”, che ha emesso 19 ordinanze, patrimoniali e personali”, in un Distretto in cui “si registra, per ingiusta detenzione, la liquidazione degli importi complessivi più elevati registrati in ambito nazionale, con una pendenza di 300 procedimenti, vista la complessità dei processi alla criminalità mafiosa”. Il Presidente della Corte d’Appello facente funzione, infine, ha sottolineato quella che ha definito come “situazione disastrosa”, quella relativa ai 4588 processi pendenti dinanzi alla Sezione civile, “con durata prognostica di 4045 giorni”, poco più di undici anni per ottenere una sentenza.