Incendi, l’armata perduta dei forestali calabresi

Erano 23mila ma ora ne sono rimasti poche migliaia, molti avviati alla pensione. Solo in 450 sono idonei per l’attività antincendio. E una legge li condanna all’estinzione
Calabria Verde

Erano un’armata di 23.000 persone gestite da 23 enti diversi, ora sono rimasti in poche migliaia, per giunta avviati verso il pensionamento. Degli operai idraulico-forestali calabresi si è parlato molto negli anni come fonte di spreco e prova vivente dell’assistenzialismo statale nei confronti del Mezzogiorno, oggi qualcuno li invoca davanti agli incendi che stanno devastando la Calabria e che, da giugno a oggi, sono costati la vita a sei persone morte nel tentativo di difendere i loro beni dalle fiamme. Il fuoco ha divorato migliaia di ettari di bosco, un patrimonio naturale unico per varietà ed estensione.

Le squadre post alluvione e la “Fiat calabrese”

Le squadre post alluvione e la “Fiat calabrese”

Fu per risanare il suolo calabrese investito dalle rovinose alluvioni degli anni Cinquanta che si decise di costituire squadre di addetti alla manutenzione del suolo sui grandi massicci montani della regione: la Sila, l’Aspromonte e il Pollino. A gestirli erano i Comuni, gli enti montani, i consorzi di bonifica e, dopo la sua istituzione, la Regione. Erano gli anni dell’emigrazione verso il Nord di migliaia di calabresi richiamati dal “boom” economico, bisognava quindi salvaguardare il territorio (Giustino Fortunato definì la Calabria “uno sfasciume pendulo sul mare” per il suo dissesto idrogeologico), ma anche arginare lo spopolamento delle aree interne prive di fonti di reddito e di servizi. La forestazione assunse la funzione di ammortizzatore sociale e non a caso il settore si guadagnò sulla stampa la denominazione di “Fiat calabrese” perché offriva reddito a migliaia di famiglie sebbene in molti casi su base stagionale.

I fondi governativi e le inchieste

Ogni anno il governo centrale doveva rifinanziare il settore ed ogni volta, davanti ai dubbi sulla destinazione delle risorse, i forestali calabresi si mobilitavano, invadendo Catanzaro, con blocchi stradali e presidi attuati fino a quando da Roma non arrivava il via libera ai soldi. L’indagine di una commissione presieduta dal vicepresidente del Consiglio regionale Quirino Ledda documentò sprechi, malversazioni e infiltrazioni da parte della ‘ndrangheta nel settore. Non mancarono interventi della magistratura e inchieste della stampa nazionale.

I tagli

Complice anche il rigore economico imposto da Bruxelles, Roma ha, però, stretto i cordoni della borsa, imponendo una progressiva riduzione del numero dei forestali. Ma quanti sono attualmente? L’Agi lo ha chiesto a Calabria Verde, l’azienda controllata dalla Regione che ha assorbito le funzioni dell’Afor, l’azienda delle foreste regionali in liquidazione, e delle Comunità Montane. Attualmente sono 3.000 gli operai che dipendono dall’azienda, ai quali si aggiungono 1.627 uomini che lavorano per i Consorzi di bonifica e i 30 del Parco delle Serre. «Noi – spiega Giuseppe Oliva, commissario regionale di Calabria Verde – ne avevamo in gestione 3.300 all’inizio dell’anno. Considerato che ne vanno in pensione 300 all’anno, ne sono rimasti 3.000, distribuiti in maniera eterogenea sul territorio regionale dal Pollino all’Aspromonte in ragione dell’età e dell’anno di reclutamento. Nel prossimo triennio andranno in pensione 1.000 persone. Ho presentato un piano del fabbisogno al Consiglio regionale. Mi sono insediato a novembre e ho rilevato che l’azienda era disarticolata dal punto di vista organizzativo. Ho un solo dirigente di settore – fa rilevare – perché non era stato neanche approvato l’atto aziendale. Considerato che andranno in pensione circa 1.000 persone, il famoso “esercito” degli operai idraulico-forestali calabresi scomparirà. L’età media degli operai è superiore ai 60 anni».

Solo 450 forestali per l’antincendio

La gestione del personale, insomma, non è onerosa come un tempo, ma la spesa complessiva per i servizi continua ad essere consistente. «Per le attività antincendio – spiega Oliva – data l’età avanzata del personale, abbiamo potuto selezionare appena 450 forestali idonei dal punto di vista psico-fisico per le attività di spegnimento del fuoco. Sono pochi, per cui abbiamo dovuto firmare delle convenzioni con i Vigili del Fuoco per avere il loro supporto con uomini e mezzi. Questo ci costa 1 milione 300.000 euro all’anno». Vanno poi calcolati altri 200.000 euro per le convenzioni con le associazioni di volontariato. Si tratta di 25 associazioni di con 300 uomini e 30 mezzi e altre 17 associazioni con 150 uomini con il compito specifico di dare l’allarme appena si alzano le fiamme.

Il 90% degli incendi parte dal “basso”

«In questi giorni – aggiunge il commissario – in seguito all’attacco guerrigliero che il territorio ha subito con gli incendi, abbiamo utilizzato il personale rimanente in funzione di presidio del territorio. Calabria Verde – continua Oliva – ha il compito istituzionale di gestire 60.000 ettari di terreno demaniale. Si tratta di boschi in alta quota, ma gli incendi, per la gran parte, hanno origine a basse quote, intorno ai Comuni e lungo le strade e le ferrovie o partono da fondi agricoli incolti. Da qui parte il 90% degli incendi. I Comuni sono obbligati per legge a emettere e fare rispettare le ordinanze sulle norme comportamentali da rispettare per evitare l’insorgere di incendi, ma spesso non lo fanno. Conseguentemente – dice – il fuoco si propaga raggiungendo le aree montane e vanficando le opere anticendio che noi realizziamo durante l’anno».

Verso l’estinzione

Presto la figura dell’operaio forestale si estinguerà. La legge 442 del 1984 vieta alla Regione Calabria di assumere altra manodopera. «Se non si supera questa norma – dichiara Oliva – nel momento in cui il personale raggiungerà quota zero saremo in grosse difficoltà. Il personale e le convenzioni costano, come costa la gestione dei mezzi aerei regionali. Su quest’ultimo fronte c’è stato un contenimento della spesa che è scesa da 1 milione 800.000 euro l’anno a 1 milione 300.000». Soldi che potrebbero essere impiegati almeno in parte per assumere personale giovane. «L’obiettivo che ho indicato nel mio piano – dice Oliva – è di 1.100 persone da integrare con personale stagionale nelle fasi d’emergenza». Non più, quindi, personale assunto a tempo indeterminato, ma contratti a termine per interventi specifici. L’armata del passato è solo un ricordo.

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