Sono in corso gli interrogatori di garanzia per gli indagati nell’ambito dell’operazione Cartellino Rosso, che ha coinvolto 57 persone nell’inchiesta della Guardia di Finanza su casi di assenteismo registrati fra dirigenti e dipendenti dell’azienda sanitaria provinciale e dell’azienda ospedaliera “Pugliese Ciaccio” di Catanzaro.
Tra ieri ed oggi si completeranno gli interrogatori nei confronti degli indagati colpiti da provvedimenti cautelari. Alcuni degli indagati hanno scelto di non rispondere al gip. Il Pm aveva chiesto il carcere per Marcello Ferro, gli arresti domiciliari per Alessandro Ruggiero, Carlo Nisticò, Francesco Salvatore Sinopoli, l’obbligo di dimora per Giuseppe Ciambrone, Enrico Caruso, Giuseppe Raciti, Vitaliano Palaia e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Rosario Tomarchio, Giuseppe Folino Gallo, Antonio Aloi, Giorgio Costantino, Mario Mangiacasale, Maurizio Mazziotti e Vincenzo Mancuso.
Tra ieri ed oggi si completeranno gli interrogatori nei confronti degli indagati colpiti da provvedimenti cautelari. Alcuni degli indagati hanno scelto di non rispondere al gip. Il Pm aveva chiesto il carcere per Marcello Ferro, gli arresti domiciliari per Alessandro Ruggiero, Carlo Nisticò, Francesco Salvatore Sinopoli, l’obbligo di dimora per Giuseppe Ciambrone, Enrico Caruso, Giuseppe Raciti, Vitaliano Palaia e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Rosario Tomarchio, Giuseppe Folino Gallo, Antonio Aloi, Giorgio Costantino, Mario Mangiacasale, Maurizio Mazziotti e Vincenzo Mancuso.
Sette indagati sono stati convocati in tribunale ieri e cinque non hanno voluto rispondere: Francesco Salvatore Sinopoli, difeso dall’avvocato Maurizio Belmonte, Giuseppe Ciambrone, difeso dal legale Giuseppe Risadelli, Vitaliano Palaia, difeso dal legale Antonio Rania, Alessandro Ruggiero, difeso dal legale Pietro Pitari e Marcello Ferro, difeso dai legali Saverio Loiero e Vittoria Aversa. Hanno invece risposto al gip Carlo Nisticò, difeso dall’avvocato Peppe Fonte e Rosario Tomarchio, difeso dai legali Aldo Ferraro e Antonella Pagliuso.
Oggi altri otto indagati chiamati all’interrogatorio. Giuseppe Gallo Folino, difeso dall’avvocato Eugenio Perrone, Enrico Caruso, difeso dall’avvocato Aldo Casalinuovo, Mario Mangiacasale, difeso dal legale Antonio Chiarella, Antonio Aloi, Maurizio Mazziotti, difeso dal legale Francesco Pullano, Giuseppe Raciti, difeso dal legale Sergio Denardo, Vincenzo Mancuso e Giorgio Costantino, difeso dagli avvocati Vittoria Aversa e Francesco Rotundo. Al gip hanno risposto in mattinata Giuseppe Gallo Folino ed Enrico Caruso, con il legale di quest’ultimo, l’avvocato Casalinuovo, che ha motivato comprovate esigenze previste nelle mansioni lavorative del suo assistito a giustificazione degli spostamenti dal luogo di lavoro.
I FATTI
Nei confronti di 15 persone (un dirigente e sei dipendenti dell’azienda sanitaria provinciale e otto lavoratori dell’azienda ospedaliera “Pugliese-Ciaccio”) è stata disposta, su richiesta della Procura della Repubblica del capoluogo calabrese, che coordina le indagini, la sospensione dell’esercizio di un pubblico servizio, con durate variabili tra 3 mesi ed 1 anno. Nei confronti di 18 persone (oltre ai 15 sospesi, altri due ex dipendenti dell’azienda ospedaliera e un ex dirigente dell’azienda sanitaria provinciale, tutti in quiescenza) è stato disposto il sequestro preventivo finalizzato alla confisca, anche per equivalente, delle somme di denaro corrispondenti agli stipendi illecitamente guadagnati durante i periodi di indebita assenza, per un importo totale di circa 20.000 euro.
Le telecamere installate dagli inquirenti negli uffici amministrativi dei due presidi sanitari avrebbero permesso di rilevare oltre 2.100 episodi di assenteismo, di ingiustificato allontanamento dal luogo di lavoro e di falsa attestazione della presenza, per un totale di circa 1.800 ore di servizio non effettuate. I finanzieri del nucleo di polizia economico-finanziaria/gruppo tutela spesa pubblica hanno poi proceduto ai riscontri sia attraverso controlli documentali che per mezzo di osservazione e pedinamento degli indagati.
“Variegato e per certi versi fantasioso”, scrivono gli inquirenti, era il sistema illecito ideato per eludere gli obblighi di registrazione della presenza in servizio attraverso l’utilizzo dei cartellini marcatempo. In moltissimi casi gli indagati si allontanavano dall’ufficio senza alcuna valida ragione lavorativa: molto spesso per fare la spesa, per esigenze di carattere personale o addirittura per recarsi a giocare ai videopoker in un vicino esercizio commerciale. Alcuni indagati, anche di rango dirigenziale, consegnavano il badge a colleghi o dipendenti compiacenti, affinché lo utilizzassero al loro posto per far rilevare falsamente la presenza dell’interessato.
I NOMI DEGLI INDAGATI ED I PROVVEDIMENTI CAUTELARI
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