(D.C.) – Continua a discutersi, e parecchio, della delicata vicenda inerente all’inchiesta sulle commissioni consiliari di Palazzo De Nobili per cui, anche sulla scorta di altre vicende simili, si è però ingenerata un bel po’ di confusione, facendo di tutta l’erba un fascio come accade quasi sempre in casi del genere.
L’aspetto più importante è che non si possono accomunare posizioni assai diverse, tanto che in alcuni casi ci si trova di fronte oltreché a indagati la cui unica fonte di reddito è quella derivante dall’attività politica svolta o comunque con a carico contestazioni inerenti a somme di denaro davvero ingenti ovvero ancora per presunte condotte riferite a più consiliature.
L’aspetto più importante è che non si possono accomunare posizioni assai diverse, tanto che in alcuni casi ci si trova di fronte oltreché a indagati la cui unica fonte di reddito è quella derivante dall’attività politica svolta o comunque con a carico contestazioni inerenti a somme di denaro davvero ingenti ovvero ancora per presunte condotte riferite a più consiliature.
Aspetti peculiari non certo di poco conto, quindi, e su cui è giusto operare delle specifiche considerazioni. Ecco allora che sarebbe improprio parlare di un’unica vicenda, forse tale solo sotto il profilo tecnico, poiché in alcuni casi si ipotizza di un illecito relativo ad addirittura meno di 270 euro indebitamente lucrate mentre in altri di decine e decine di migliaia.
Comportamenti, ancorché tutti da chiarire, che portano tuttavia a un naturale distinguo fra ognuno dei 29 consiglieri sottoposti al vaglio dell’autorità giudiziaria. Questo avrebbe anche spinto, secondo alcune indiscrezioni che abbiamo appreso, ad elaborare strategie difensive tali da chiedere lo stralcio di determinate posizioni relative a chi – al di là della particolare tenuità del fatto – può soprattutto dimostrare la sua assoluta estraneità.