Inchiesta Pensierino, a Reggio Calabria chiesto il processo anche per le vittime di tentata estorsione

Titolari delle ditte attenzionate dai clan, sono accusati di aver emesso fatture per operazioni inesistenti e di frode nelle pubbliche forniture
Operazioni "sotto copertura"

La Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria ha chiesto il rinvio a giudizio per i 13 indagati dell’inchiesta ‘Pensierino’ che aveva portato, lo scorso aprile, all’arresto per due tentate estorsioni di tre persone ritenute affiliate alle cosche Libri e Morabito. Il procuratore Giovanni Bombardieri e il sostituto della Dda Sara Amerio hanno chiesto il processo, tra gli altri, per Antonio Riccardo Artuso Vincenzo Serafino e Bruno Scordo. La tentata estorsione, stando alle indagini condotte dalla Guardia di finanza, si sarebbe consumata in due distinte occasioni, nella zona di Mosorrofa e Terreti. È stato chiesto il processo anche per i titolari della ditta che ha subito la tentata estorsione, Francesco Benedetto e Caterina Tripodo. Entrambi sono accusati di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e frode nelle pubbliche forniture. La Procura, infine, ha chiesto il rinvio a giudizio anche per un brigadiere della Guardia di finanza che, su richiesta di un’altra indagata, per l’accusa, “materialmente accedeva con le proprie credenziali e dalla propria postazione allo Sdi per verificare i precedenti penali e di polizia a carico” di un soggetto gravato da rilevanti pregiudizi penali.

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