di Gabriella Passariello- Torna in libertà il 33enne Chafik El Ketani, accusato di omicidio stradale per aver provocato la morte di Noureddine Fennane il 6 settembre dello scorso anno, perdendo la vita in seguito ad un violento incidente stradale sulla statale 280. Il gip Matteo Ferrante, lo stesso che aveva accolto a febbraio parzialmente l’istanza difensiva degli avvocati Salvatore Staiano e Domenico Naccari, disponendo per l’indagato, in luogo del carcere, gli arresti domiciliari, su istanza della Procura, fa un passo indietro e revoca la misura cautelare in atto. Per il gip “non si ravvisano attuali, stringenti e imprescindibili esigenze cautelari, che possano giustificare il rigetto dell’istanza di revoca avallata dal pubblico ministero”, senza, però, motivare con chiarezza l’inversione di rotta e senza specificare cosa si intenda per assenza di stringenti, attuali, esigenze cautelari, facendo leva genericamente, nel provvedimento, al ruolo del magistrato, titolare del fascicolo “che per le sue attribuzioni, appare la figura istituzionale maggiormente in grado di poter valutare, per la disponibilità di notizie (in suo possesso ndr), la sussistenza e il permanere dei presupposti della misura cautelare in corso di esecuzione”.
Un’indagine tutt’altro che chiusa
Un’indagine tutt’altro che chiusa
Una cosa è certa: gli inquirenti hanno in mano elementi che ridimensionerebbero le ipotesi di accusa formulate in un primo momento nei confronti di Chafik El Ketani. Forse il video prodotto dalla difesa che capovolge la ricostruzione della dinamica dell’incidente? Una serie di frame che dimostrerebbero come alla guida dell’auto, negli istanti precedenti la tragedia, non c’era il giovane marocchino, ma lo stesso Fennane? O altro ancora? Interrogativi al momento senza risposta, ma al centro di un’indagine tutt’altro che chiusa.Gli avvocati avevano già avanzato ricorso davanti ai giudici del Tribunale di Catanzaro, presieduto da Filippo Aragona incassando un verdetto negativo: il carcere (LEGGI QUI), e ottenendo in seguito dal gip la misura più gradata degli arresti domiciliari.
La ricostruzione dell’incidente nell’ordinanza del gip
Secondo quanto riportato nell’ordinanza, El Ketani, (che nel 2010 travolse con la sua auto otto ciclisti uccidendoli), stava percorrendo, alla guida della Toyota Corolla, la statale in direzione di marcia Catanzaro-Lamezia quando all’altezza di una curva, a causa delle condizioni metereologiche avverse e la velocità sostenuta del mezzo, ha perso il controllo dell’auto, impattando prima contro il muretto di delimitazione di un canale di scolo e poi contro il guardrail, provocando la morte del passeggero Noureddine Fennane, che si trovava a bordo con lui. Giunti sul posto gli operanti della pg avevano trovato all’interno dell’abitacolo entrambi i passeggeri, ma nessuno dei due era più seduto sul posto del guidatore: l’urto violento li aveva sbalzati via. Dai successivi accertamenti sarebbe emerso che l’auto coinvolta nell’incidente era stata noleggiata proprio da El Ketani pochi giorni prima dell’incidente, appurando, inoltre, che l’altro passeggero a bordo del veicolo morto per l’impatto violento non aveva la patente di guida. Gli esami tossicologici poi avrebbero dato l’esito positivo sull’uso di El Ketani ai tetra cannabinoidi (LEGGI QUI).
Le prove della difesa che scagionerebbero l’indagato
Una ricostruzione diversa dei fatti è stata fornita dalla difesa alla luce delle informazioni ricavate dal cellulare di El Katani, contenenti un video. Dati allegati alla consulenza di parte redatta da Arrigo Palumbo docente all’Università Magna Graecia di Catanzaro e iscritto all’ordine degli ingegneri di Cosenza, ed estrapolati “con una procedura che ne garantisce l’originalità e la non modificabilità”. In base a questi frame a guidare la Toyota Carolla era la vittima, Noureddine Fennanne, intento ad agitare le mani e le braccia a ritmo di musica, allontanandole dallo sterzo, con il tachimetro che segna una velocità di 190 chilometri orari.
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