Indagini su piscine contaminate da batteri fecali, chiusa struttura abusiva in Calabria

Le violazioni hanno riguardato l'inosservanza della normativa di sicurezza sul lavoro e di prevenzione dei rischi di utilizzo da parte degli utenti
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Strutture abusive o con acqua contaminata da batteri fecali: sono 10 i parchi acquatici chiusi dai carabinieri dei Nas, che d’intesa con il ministero della Salute, hanno eseguito una campagna di controlli in tutta Italia tra luglio e agosto, ispezionando 288 strutture. Fra queste, 83 sono risultate irregolari (pari al 28%), che hanno portato alla contestazione di 108 sanzioni penali ed amministrative per oltre 40mila euro. Tra le strutture chiuse, in 4 episodi nelle province di Messina, Viterbo e Latina, i controlli hanno accertato la inidoneità delle acque utilizzate nelle piscine e negli impianti di divertimento, rilevando anche elevati contenuti di coliformi fecali e cariche batteriche, tali da rendere l’acqua pericolosa per la salute umana. Chiuse altre 3 piscine totalmente abusive nelle province di Napoli, Reggio Calabria e Bari e altre 3 strutture per rilevanti carenze strutturali ed autorizzative.

Piscine contaminate da batteri fecali

Piscine contaminate da batteri fecali

I Nas di Catania hanno sanzionati i legali responsabili di due parchi acquatici, ubicati nella provincia di Messina, poiché, a seguito di attività di campionamento eseguita sulle acque di approvvigionamento ed in vasca, è stata accertata l’inidoneità delle piscine per uso ludico-ricreativo a causa della presenza di batteri e cariche microbiche oltre i limiti consentiti dalla legge, rilevando la presenza di batteri coliformi, Escherichia coli e Pseudomonas aeruginosa. È stata disposta l’immediata chiusura di entrambi gli impianti il cui valore ammonta ad 550.000 circa. Le violazioni, inoltre, hanno riguardato situazioni di inosservanza alla normativa di sicurezza dei luoghi di lavoro e di prevenzione ai rischi di utilizzo delle strutture da parte degli utenti, incluse le misure di contenimento alla diffusione epidemica del Covid-19, come l’assenza di cartellonistica informativa per gli avventori e la mancanza delle periodiche pulizie e sanificazioni. Nei punti ristoro interni alle strutture, sono stati sequestrati oltre 250 chili di alimenti, destinati alla somministrazione alla clientela, risultati scaduti di validità e privi di tracciabilità, nonché rilevate carenze igieniche e strutturali degli ambienti di preparazione dei pasti, spesso rimediati in spazi ristretti, privi dei minimi requisiti per garantire condizioni ottimali di funzionamento e di manutenzione.

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