Infiltrazioni mafiose, il triste primato della Calabria. Si torna al voto in 7 Comuni sciolti

Sono 9 in tutta Italia gli enti che escono da un commissariamento e in cui sta per tornare la democrazia. I numeri, il “record” calabrese e il dibattito sulla norma
comunali cosenza

di Sergio Pelaia – Nel primo elenco stilato a inizio agosto dal Viminale erano 85 i Comuni calabresi chiamati al voto, in concomitanza con le Regionali, il 3-4 ottobre. Dalla lista sono stati però poi depennati 3 Comuni (Simeri Crichi e Nocera Terinese nel Catanzarese e Rosarno nel Reggino) perché di recente sono stati commissariati per infiltrazioni mafiose. Per i due enti della provincia di Catanzaro si tratta della prima volta in cui vengono sottoposti alla procedura prevista dall’articolo 143 del Testo unico sugli enti locali, per Rosarno quello recente è invece il terzo scioglimento dopo quelli già decretati nel 1992 e nel 2008. Finora, nel 2021, sono 11 i Comuni sciolti in tutta Italia e di questi 4 sono calabresi: ai tre appena citati si aggiunge Guardavalle (Catanzaro), al secondo scioglimento dopo quello del 2003.

Il triste primato della Calabria

Il triste primato della Calabria

Tra gli 82 Comuni calabresi che andranno al voto domenica e lunedì prossimi ci sono anche Cosenza e Siderno, superiori a 15mila abitanti e dove è per questo previsto un eventuale secondo turno di ballottaggio, nonché Lamezia, il cui caso è unico nel panorama nazionale perché si dovrà ripetere il voto solo in 4 delle 78 sezioni cittadine a causa delle irregolarità riscontrate in sede di giustizia amministrativa. Tra questi 82 Comuni sono 7 quelli che escono da un commissariamento per mafia e che si avviano al ritorno in carica degli organismi eletti dai cittadini: Careri, Palizzi, Siderno, Stilo e Delianuova (nel Reggino); Crucoli e Casabona nel Crotonese. Non sono pochi se si pensa che su 1.162 Comuni interessati dalla imminente tornata delle Amministrative (circa 12 milioni di elettori, di cui oltre 300mila calabresi) sono in 9, in tutta Italia, quelli che escono da un periodo di “sospensione” della democrazia causato dall’accertamento di infiltrazioni mafiose nell’amministrazione locale.

I numeri

Dal 1991 ad oggi sono stati emanati in tutta Italia 596 decreti di commissariamento di enti locali per mafia, 234 dei quali rappresentano la proroga di precedenti provvedimenti; su 362 decreti di scioglimento 23 sono stati annullati dai giudici amministrativi. Le quattro regioni maggiormente coinvolte sono Calabria, Campania, Sicilia e Puglia, ma il Nord e il Centro non sono affatto esenti dal fenomeno delle infiltrazioni mafiose nell’amministrazione pubblica. Proprio la nostra regione detiene il poco invidiabile primato con 127 provvedimenti di scioglimento (di cui 8 annullati) e 23 archiviazioni. Sono 70 i Comuni italiani che hanno subìto negli anni più di uno scioglimento, tra questi se ne sono verificati ben tre in 18 enti, 10 dei quali sono calabresi: Briatico (Vv), Gioia Tauro (Rc), Lamezia Terme (Cz), Melito Porto Salvo (Rc), Nicotera (Vv), Platì (Rc), Roccaforte del Greco (Rc), Rosarno (Rc), San Ferdinando (Rc) e Taurianova (Rc).

Cosa prevede la normativa

La legge prevede i consigli comunali e provinciali siano sciolti quando emergono “concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata di tipo mafioso o similare” degli amministratori o “su forme di condizionamento degli stessi, tali da determinare un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere il buon andamento o l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati, ovvero che risultino tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica”. La procedura inizia con l’invio da parte della Prefettura di una Commissione d’accesso che indaga sull’ente per tre mesi prorogabili per altri tre. Poi i componenti di questa triade commissariale stilano una relazione che dalla Prefettura arriva al Viminale. Il ministro dell’Interno può procedere all’archiviazione o proporre lo scioglimento al Consiglio dei ministri che eventualmente decide se deliberarlo. Segue il decreto di scioglimento emanato dal Presidente della Repubblica. Il commissariamento può durare da 12 a 18 mesi, prorogabili fino ad un massimo di due anni “in casi eccezionali”.

Le proposte dell’Anci e l’annuncio della Lega

Si parla da tempo della necessità di una revisione della normativa ritenuta da più parti obsoleta. Già nel 2019 l’Anci ha auspicato una modifica che preveda, oltre al provvedimento di scioglimento generalizzato, anche un altro atto più ristretto che possa riguardare solo le singole persone coinvolte siano dirigenti, consiglieri comunali, assessori o sindaci. Nei giorni scorsi ne ha discusso anche la Lega calabrese. Il parlamentare Gianluca Cantalamessa, componente della Commissione antimafia, e il commissario regionale leghista Giacomo Francesco Saccomanno hanno rilevato in un incontro a Reggio “molte criticità nella normativa che oramai non è più adeguata ai tempi e che deve necessariamente essere rivisitata, al fine di evitare il conseguimento di effetti negativi, piuttosto che essere il punto di riferimento di una legislazione all’avanguardia e di anticipazione delle possibili condotte illecite”. Secondo i leghisti, che hanno annunciato a breve una proposta di legge, “è rilevante individuare le singole colpe e non punire intere comunità, che avevano espresso democraticamente la propria volontà”.

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