Insegnante incinta dell’allievo 15enne, condannata per violenza sessuale

DALL'ITALIA | La relazione era iniziata quando il ragazzino aveva 13 anni. Assolto il marito della donna accusato di essersi attribuito la paternità del bimbo

Pena confermata in appello, ad eccezione dell’imputazione per la violazione di domicilio, per la donna di Prato che nel 2018 ebbe un figlio con un suo allievo 15enne a cui dava lezioni private di lingua inglese. La donna, che oggi ha 34 anni, era stata condannata nel giugno 2021 dal tribunale di Prato a 6 anni e 6 mesi per atti sessuali e violenza sessuale per induzione su minore. La condanna emessa oggi è di 6 anni 5 mesi e 15 giorni. Assolto invece il marito della donna che in primo grado era stato condannato, a 1 anno e 8 mesi, per essersi attribuito la paternità del bimbo nonostante sapesse, secondo l’accusa, che sua moglie l’avesse concepito con il giovane studente. I due imputati sono arrivati stamani, accompagnati dai loro legali, al palazzo di giustizia di Firenze.

La relazione iniziata a 13 anni

La relazione iniziata a 13 anni

La relazione, secondo l’accusa, era iniziata quando il giovane non aveva ancora compiuto 14 anni ed era culminata, mesi dopo, nell’estate 2018, nella gravidanza. La procura generale aveva chiesto la condanna a complessivi sei anni e nove mesi includendo anche per un capo d’imputazione, sempre per violenza sessuale per il quale, in primo grado, la 34enne era stata assolta. L’indagine nacque da una denuncia dei genitori del ragazzo che appresero, dopo che egli si era sfogato con un allenatore, dell’esistenza della relazione tra il figlio e l’insegnante. La prova del dna ha attribuito all’adolescente la paternita’ del figlio avuto dalla donna che dopo l’esplosione dell’indagine venne posta anche agli arresti domiciliari. Disposta inoltre la provvisionale in favore della parte offesa di 30mila euro e di 10mila euro a entrambi i genitori.

Marito assolto

Siamo contenti per l’assoluzione di un padre che non ha fatto altro che regalare il proprio amore a un bambino, e questo credo sia doveroso gli fosse riconosciuto anche in un’aula di giustizia. Siamo soddisfatti che questo capitolo nei suoi confronti si sia definitivamente chiuso. Certamente ci aspettavamo qualcosa di più, siamo in attesa di quelle che saranno le argomentazioni di questa Corte”. Così l’avvocato Mattia Alfano, difensore della donna condannata per violenza sessuale sul minore al quale dava ripetizioni, commenta all’esito della sentenza l’assoluzione del marito della sua assistita e la sostanziale conferma della condanna per l’operatrice sanitaria, professoressa di inglese della parte offesa. “Avevamo già preannunciato che era un processo che si gioca su tre gradi di giudizio, a prescindere da quello che sarebbe stato l’esito. Siamo convinti della bontà della nostra ricostruzione e – annuncia – prepareremo il ricorso per Cassazione quando ci saranno i motivi”.

Il sequestro della vittima, figlio di un’amica

L’operatrice sanitaria di Prato che dava lezioni di inglese privatamente a casa a un ragazzino di 14 anni, del quale è poi rimasta incinta, “ha di fatto sequestrato la vittima, tra l’altro figlio di una sua amica. Lo ha legato a sé e ha sperato di rimanere incinta, vero è che era delusa di un primo esito negativo del test di gravidanza e lo ha poi ripetuto a una settimana di distanza”. Lo ha detto l’avvocato Roberta Roviello, legale di parte civile della famiglia della parte offesa, in aula al tribunale di Firenze dove è in corso l’appello del processo che vede imputata l’allora 29enne che a novembre 2017 rimase incinta del minore cui dava ripetizioni. Condannata in primo grado a 6 anni e mezzo per violenza sessuale su minore e violenza sessuale per induzione, la donna “ha fatto vivere a un ragazzino di 14 anni 20 mesi di angoscia. Non è stata una violenza singola. La donna gli ha fatto vivere un’esperienza sessuale non confacente alla sua età. Ed è evidente – incalza l’avvocato, parte civile contro la donna e non anche contro il marito, anche lui in aula con l’accusa di alterazione di stato civile – l’invadenza dell’imputata, la sua imposizione e l’induzione a esperienze sessuali non confacenti alla sua età”. “La vita del ragazzino è stata travolta – ha ribadito l’avvocato – così come quella della sua famiglia, vero è che nelle more i genitori si sono separati. Quel bambino per il 14enne era e sarà un macigno, ma anche la terribile vicenda vissuta lo sarà. Per sempre”.

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