di Gabriella Passariello- Avrebbe voluto a tutti i costi la disponibilità ad uso gratuito di un immobile ubicato a Botricello, lo stesso che in base a quanto documentato nell’operazione Malapianta, veniva utilizzato per incontrare alcune amanti. A partire dal 2015 fino al suo arresto, Alfonso Mannolo, capo dell’omonima locale di ‘ndrangheta, raggiunto da una misura cautelare in carcere nell’ambito del blitz della Dda di Catanzaro, nome in codice Jonica, avrebbe sistematicamente preteso la consegna delle chiavi dell’appartamento, senza corrispondere un euro al proprietario, nemmeno a titolo di rimborso delle spese vive di gestione. A riferirlo agli inquirenti è lo stesso titolare dell’abitazione, aggiungendo che avrebbe più volte cercato di persuadere bonariamente Mannolo a regolarizzare la situazione, quantomeno accollandosi le spese delle utenze, ma questo ultimo avrebbe sempre tergiversato, fino a quando, nell’estate del 2018, il proprietario oramai esasperato, si rifiuta di riconsegnare quelle chiavi.
“Bastardo come cazzo ti permetti a parlarmi così?”
“Bastardo come cazzo ti permetti a parlarmi così?”
Un rifiuto che scatena l’ira di Mannolo, “tu lo sai con chi stai parlando” (…) “bastardo e cornuto …come cazzo ti permetti a parlarmi cosi?I Io ti faccio ammazzare a te e a tutta la famiglia tua”. Affermazioni che avevano portato il proprietario dell’immobile ad uno stato di prostrazione tale da temere fortemente per la sua incolumità, cedendo le chiavi dell’appartamento, senza avere più il coraggio di opporre alcuna resistenza nei confronti di Mannolo, che fino al suo arresto, aveva continuato ad utilizzare a suo piacimento l’appartamento senza alcun corrispettivo. La vittima spiega agli inquirenti di aver acquistato la casa agli inizi degli anni duemila, un rudere poi ristrutturato. La sua intenzione sarebbe stata quella di fittarlo per ricavare un reddito aggiuntivo, ma nel 2015 viene contattato telefonicamente da un suo conoscente, che lo invita a raggiungerlo spiegandogli che una ragazza era intenzionata ad affittare l’immobile. “Riferii che l’appartamento era libero e pertanto fissammo un appuntamento. Arrivai lì e trovai effettivamente una ragazza dell’est Europa in compagnia di un’altra persona che riconobbi immediatamente: Alfonso Mannolo. Stupito dalla presenza di quest’ultimo, rimasi perplesso. Senza indugio mi disse che l’appartamento serviva alla ragazza che definiva sua amica. Mi spiegò anche che doveva lavorare in un bar di Botricello. Per tale ragione mi chiese se potevo fittarle l’appartamento”. Concordarono verbalmente un prezzo di 150 euro mensili che avrebbe dovuto pagare la ragazza in quanto occupante l’immobile, stabilendo l’incontro effettivo per definire il contratto di fitto.
“Ma tu lo sai chi sono io?”
“Detto ciò, io non vidi mai un euro. A distanza di quindici giorni la ragazza ritornò da me e mi riconsegnò le chiavi giustificandosi che non poteva mantenere l’appartamento in quanto non aveva trovato lavoro. Trascorsa una settimana circa da tale evento, si presentò al mio cospetto Mannolo, il quale mi chiede nuovamente la disponibilità dell’appartamento. Mi disse che gli serviva in quanto doveva incontrare una donna e voleva rimanere in intimità. Cercai di dissuaderlo. Gli dissi che l’appartamento lo stavo per fittare e che avendo speso dei soldi intendevo metterlo a reddito. Si risenti palesemente. Già in quel primo incontro mi fece capire che non accettava rifiuto. In quella occasione non mi minacciò in modo esplicito ma fu perentorio sul fatto che gli avrei dovuto dare l’appartamento. La frase che usò fu ‘ma tu lo sai chi sono io’?.
“Mannolo riteneva suo l’appartamento e non pagava un euro”
Sperando di risolvere il problema, nella convinzione che la richiesta fosse estemporanea, acconsente a dargli le chiavi dell’appartamento. Da quel momento inizia un vero e proprio incubo. Gli riportò le chiavi, dicendogli che in futuro gli sarebbe servito nuovamente l’appartamento e che glielo avrebbe dovuto ridare, senza possibilità di scelta. “Da quel momento in poi Mannolo mi chiese l’immobile innumerevoli volte. In alcune circostanze si tenne le chiavi intere settimane. Parlai di questa situazione in famiglia in particolare con mia moglie, la quale mi chiese di risolvere il problema e di affrontarlo. Premetto che oltre a non corrispondere un euro di affitto per un appartamento che ormai Mannolo riteneva suo, pretendeva anche che io lo mantenessi in perfette condizioni d’uso. Qualunque rottura o problema gestionale era a mio carico”.
Il rifiuto che costò caro
Provato da questa situazione cercò prima di affrontare Mannolo con toni pacati, proponendogli di regolarizzare il contratto di affitto: “Mi resi anche disponibile ad accettare quale controprestazione economica la sola voltura delle utenze, senza pretendere il canone di fitto mensile. In pratica gli proposi di pagare i costi e basta. Per costi intendo utenze ed imposte. Era una doppia beffa, non solo non prendevo l’affitto ma sopportavo tutti i costi di gestione. Lui temporeggiava. Mi diceva che stava cercando un’altra casa più comoda ma in realtà questa situazione è andata avanti almeno per cinque anni”. Il proprietario all’ennesima richiesta della consegna delle chiavi decide poi di affrontarlo a muso duro: “ma voi come cazzo lo vedete il mondo? Posso stare in questa situazione? Quanto può durare questa situazione? Io non posso pagare anche le bollette per voi”. Mannolo cambiò espressione. Rimase in macchina e rispose con frasi che gli facero gelare il sangue: “faccio ammazzare la tua famiglia. Quel giorno compresi che non avevo alcuna via di uscita. Dopo qualche settimana Mannolo tornò. Era calmo e mi disse con tono fermo e deciso che non mi sarei più dovuto permettere di rivolgermi a lui in quel modo. Rimasi in silenzio. Quando mi chiese le chiavi gliele diedi e da quel momento in poi non volli più interessarmi a questa situazione. Figuratevi che un giorno, poco prima del suo arresto, venne da me per dirmi che qualcuno era entrato nell’appartamento. Era diventato paranoico. Mi chiese se ero entrato io nell’appartamento. Era preoccupato dal fatto che qualcuno era entrato nell’appartamento. Io risposi di no e non volendo avere alcun tipo di problema gli dissi addirittura di cambiare le chiavi dell’appartamento ”.
Il danno economico e le dichiarazioni genuine della vittima
Il proprietario della casa precisa che Mannolo giustificava la richiesta di andare in quel posto per vedere donne “però non sapevo poi lui che uso ne faceva. Per me è stato un danno economico non indifferente, in quanto oltre alle spese per utenze pagate che posso quantificare in almeno 100 euro al mese. Per 5 anni fate voi un calcolo. Oltre a questo io ho avuto un mancato introito di almeno 200 euro al mese. Ho perso almeno 10-12mila euro in 5 anni. Senza contare il disagio psicologico. Non so manco quantificare tutte le discussioni avute in famiglia per questa situazione”. Le dichiarazioni rese dal proprietario, secondo quanto scrive il gip nel provvedimento appaiono genuine, logiche, dettagliate e coerenti e sono, “riscontrate dall’accertata disponibilità dell’immobile di sua proprietà da parte di Mannolo in assenza di qualsivoglia titolo legittimante”.
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